Il 25 aprile rappresenta anche e soprattutto per Sulmona e la Valle Peligna un momento di riconoscimento della propria identità. Città che può dirsi, a buon diritto e a tenuta di censura, antifascista. Perché da questo territorio si arruolarono circa quattrocento persone nelle fila dei partigiani e ancor prima le storie silenziose della “Resistenza umanitaria” raccontano di una popolazione che contribuì, e non poco, a creare le condizioni perché i nazifascisti abbandonassero la città: semplici cittadini che offrirono ricovero durante l’occupazione a prigionieri in fuga sulla linea Gustav o, di più, come Iride Imperioli, a cui in questi giorni è stato dedicato un libro e uno spettacolo teatrale, che tramarono in segreto, mettendo a rischio la loro reputazione e la loro vita, come veri e propri agenti di spionaggio, facendosi “piccioni viaggiatori” nelle comunicazioni tra partigiani e Forze Alleate. E ancora l’indimenticato Gilberto Malvestuto, scomparso un anno fa, o i due partigiani, Amleto Contucci e Renzo Sciore, ricordati domenica scorsa a Montecarotto dove ottanta anni fa persero la vita per liberare l’Italia.
A Sulmona, nel cortile di palazzo San Francesco, c’è anche una targa, apposta trenta anni fa in occasione del cinquantenario della liberazione, che recita come “il tredici giugno la Brigata Maiella liberò Sulmona e la Valle Peligna dall’oppressione nazifascista”. Una targa che, però, storicamente o almeno per il valore della cronaca, non è corretta, perché in realtà quando i partigiani entrarono a Sulmona, nel giugno del 1944, Sulmona era stata già liberata o meglio svuotata. I nazifascisti se ne erano andati autonomamente, senza cioè che fisicamente una forza armata li scacciasse, lasciandosi dietro distruzione e mine per rallentare l’avanzata degli alleati.
Anzi, ricorda il collega Antonio Di Bacco, che sulla vicenda, proprio trenta anni fa, pubblicò un’intervista sul quotidiano Il Centro ad uno dei protagonisti, Raffaele Del Basso Orsini, i primi ad entrare in città dopo la fuga dei nazifascisti furono otto bersaglieri del Corpo italiano di liberazione: tra loro, oltre a Del Basso Orsini, c’era anche Vittorio Di Bacco (padre del collega Antonio): quanto basta perché, ora, lo stesso Antonio Di Bacco abbia scritto al sindaco Di Piero, al presidente del consiglio comunale Cristiano Gerosolimo, ma anche al ministro della Difesa e al Presidente della Repubblica, perché i due sulmonesi siano ricordati oggi al pari degli altri “senza divisa”.
Secondo il racconto di Del Basso Orsini, infatti, l’11 giugno del 1944 gli otto bersaglieri furono mandati in avanscoperta da Chieti e Sulmona per verificare lo stato dei fatti su un nodo importante delle comunicazioni ferroviarie quale era Sulmona: un viaggio di quattro ore che venne guidato dai due sulmonesi che conoscevano le strade secondarie per evitare mine e imboscate, fino all’ingresso da via Carso e l’abbraccio con i familiari a Porta Iapasseri.
“Di certo le formazioni dei patrioti arrivarono a Sulmona subito dopo la ritirata dei tedeschi – commenta Antonio Di Bacco -. Ma come è mai possibile che sia stato ‘omesso’ il contributo dato dal Corpo italiano di liberazione, dai Bersaglieri e, per dirla tutta, da due nostri concittadini, a tale cruciale e significativo evento, così importante per la nostra città?”.
bene,i Patrioti della Resistenza sono tantissimi,fondamentale ricordarli tutti,una vergogna a chi si a chi no,un dovere “onore e memoria” per tutti i Patrioti,purtroppo e’ l’italietta degli inutili illusionisti politicialtroni,bravi solo nelle chiacchiere per dare a credere,da ricordare con gratitudine,affetto e onore:” Tra i morti della Resistenza vi erano seguaci di tutte le fedi. Ognuno aveva il suo Dio, ognuno aveva il suo credo, e parlavano lingue diverse, e avevano pelle di diverso colore, eppure nella libertà e nella dignità umana si sentivano fratelli ” di padre D.V.Turoldo,e basta,o no?
Svegliato male? Si parla della resistenza italiana.
bene,dal discorso del Sig. Mattarella Presidente:…Nasceva la Resistenza, un movimento che, nella sua pluralità di persone, motivazioni, provenienze e spinte ideali, trovò la sua unità nella necessità di porre fine al dominio nazifascista sul territorio italiano, per instaurare una nuova convivenza, fondata sul diritto e sulla pace…Vi fu l’eroica Resistenza dei circa 600 mila militari che, dopo l’8 settembre, rifiutarono di servire la Repubblica di Salò, il regime fantoccio instaurato da Mussolini sotto il controllo totale di Hitler. Furono passati per le armi, come a Cefalonia e a Corfù, o deportati nei lager tedeschi. Furono definiti “internati militari”, per negare loro in questo modo persino lo status di prigionieri di guerra. Ben cinquantamila di loro morirono nei campi di detenzione in Germania, a causa degli stenti e delle violenze…Vi fu la Resistenza delle popolazioni, ribellatesi spontaneamente di fronte a episodi di brutalità e alle violenze, scrivendo pagine di splendido eroismo civile. Vi furono le coraggiose lotte operaie, culminate nei grandi scioperi nelle industrie delle città settentrionali…La Resistenza, nelle sue forme così diverse, contribuì in misura notevole all’avanzata degli Alleati e alla sconfitta del nazifascismo.
La Resistenza e’ di tutti non di alcuni,e basta,o no?
Il Presidente. Fate quello che il Presidente dice e non quello che il Presidente fa. Basta Mattarella.Basta Secondo Mandato.
La resistenza non può essere di tutti, cerchiamo di non inquinare un valore assoluto che è l’appartenenza ai principi di libertà e democrazia. Chi ha collaborato, chi ha combattuto, chi è morto per questi principi, ha costruito e donato ai propri figli l’Italia Democratica.
Gli altri non hanno alcuna parte tra gli attori di questa festa. La resistenza è di alcuni, tanti ma non tutti.
Nella giornata odierna brilla l’assenza del nostro caro presidente Marsilio… è in tutt’altre faccende affaccendato
capomanìpolo s. m. [comp. di capo e manipolo] (pl. capimanìpolo). – Comandante di un manipolo: durante il fascismo, uno dei gradi della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale, corrispondente al grado di tenente nell’esercito.
Per chi ha collaborato attivamente con il fascismo non si può rivendicare nel modo più assoluto il titolo di liberatore.
E uno dei due ha sicuramente collaborato attivamente con il fascismo. Per molto tempo.
… per la Liberazione dell’Italia morirono nel nostro Paese circa 90mila soldati americani, sepolti in 42 cimiteri del suolo italiano, da Udine a Siracusa… nella sola sanguinosa battaglia di Ortona del 1943 persero la vita 1.615 giovani soldati canadesi sepolti nel cimitero militare di Ortona… 313.000 soldati alleati morti, feriti e dispersi/prigionieri… e i cimiteri di guerra ne sono la tangibile testimonianza…
Eterna gratitudine per aver sacrificato la loro vita per la nostra libertà… eterna gratitudine per averci aiutato economicamente a risollevarci nell’immediato dopoguerra con il Piano Marshall… eterna gratitudine per non averci fatto cadere sotto la dittatura COMUNISTA, e reso un popolo libero e democratico.
bene,la Resistenza e’ di tutti…Ai circa trecentocinquantamila soldati, venuti da Paesi lontani, morti per liberare l’Italia e il mondo dall’incubo del nazifascismo, l’Italia si inchina doverosamente, con commozione e con riconoscenza.
Quei ragazzi, che riposano sotto le lapidi bianche dei cimiteri alleati che costellano la nostra Penisola, li sentiamo come nostri caduti, come nostri figli.
L’inquinamento e’di alcuni illusionisti che raccontano storie di principi,valori ,ideali,virtu’.coraggio,eroismo,ecc solo per qualche secondo di visibilita’,vanita’peronale,
memoria,riconoscenza,onore,gratitudine,affetto per tutti, tranne i responsabili dei crimini del nazifascismo,e basta,o no?
E sia sui partigiani che sui soldati alleati sparavano addosso le milizie fasciste, perché il regime che devasto’ l’ Italia fu quello FASCISTA.
La storia non si cancella.
Neanche con l’arroganza e la prepotenza di chi ha questi atteggiamenti nel DNA.