Com’è bella l’estate: la frutta profumata, il bucato asciutto in un lampo e i figli con i vestiti e i pensieri più leggeri.
Loro sono sempre indaffarati fra weekend al mare, pomeriggi in piscina, aperitivi, pizze, amori, canzoni, gelati e serie TV.
L’entusiasmo che li pervade è talmente contagioso, che a volte è come se le facessi anche io tutte quelle cose. Sarà che quei sorrisi sono la cosa più bella da vedere in ogni giornata: arcobaleni capovolti, che colorano la vita di chi li osserva. Se loro sorridono, ne vale la pena.
Ci ho pensato tanto negli ultimi venti anni, finché ho capito che non riuscivo a trovare il mio posto nel mondo, perché era proprio quello in cui stavo: esattamente tra quei due arcobaleni.
Strano fenomeno è l’arcobaleno: riusciamo a vederlo soltanto se abbiamo il sole alle spalle; chissà quanti ne abbiamo persi nel corso della nostra vita, solo perché eravamo nella posizione sbagliata.
Pur sapendo che è probabile scorgerlo tra le nuvole dopo una tempesta, ci sorprende ogni volta come se fosse la prima. Non lo diamo mai per scontato. Lo accogliamo con un “Ooohhh!!”, lo indichiamo, lo fotografiamo e lo condividiamo.
Ecco: il sorriso dei miei figli a me fa esattamente lo stesso effetto. D’altra parte, loro sono il mio messaggio per il mondo: due bottiglie che ho affidato alle correnti del mare della vita, contenenti entrambe un arcobaleno capovolto, in grado di colorare il cielo dopo ogni tempesta.
-Di cosa ti occupi?
Io non mi occupo, però mi preoccupo di far sorridere chi mi sta accanto. È un atto egoistico che mi serve per stare bene. Come un clown allo specchio.
Non è un lavoro semplice, perché devo essere io la prima a essere positiva, altrimenti lo show non riesce. In certi giorni, per stare allegri, bisogna prendere bene la mira e concentrarsi solo sul bersaglio, senza farsi distrarre da altro. All’altro ci penso dopo, quando sono sola e non ho bisogno di fare battute, sfottere, impicciarmi, cantare e decidere cosa cucinare, per coniugare i gusti di tutti con un apporto vitaminico decente, in modo da vederli sani e contenti a tavola.
Probabilmente ho visto troppe sit-com nella vita, da “Happy days” degli anni ’70 a “Modern Family” di questi giorni. Brevi puntate da venti minuti, in cui i protagonisti affrontano con ironia le proprie vicissitudini esistenziali, sentimentali e lavorative, trovando soluzioni esilaranti per risolvere qualsiasi problema. Il lieto fine è assicurato, come pure un nuovo inghippo da sbrogliare nella successiva puntata.
Ecco: voglio una vita così, con i disastri, gli equivoci, i problemi che si sistemano ogni volta prima dei titoli di coda e le risate registrate in sottofondo, che sottolineano le battute e urtano il sistema nervoso.
Sì, lo so che la vita non è un film, però un po’ ci somiglia, grazie ai colpi di scena e ai flashback narrativi, che non mancano mai.
Magari potessi essere la regista di tutto: sai che “commedia”! Devo accontentarmi di essere una semplice comparsa, che alla fine di ogni puntata, si domanda se ha fatto bene la propria parte.
Tutti abbiamo pensieri che ci rabbuiano, problemi che ci tormentano e ormoni che ci alterano, ma non è giusto farsi dominare da questi sentimenti, soprattutto durante i pasti.
A tavola pretendo il buonumore, altrimenti penso di aver sbagliato l’ennesima ricetta. Mi accontento anche di risate registrate, l’importante è che il nostro gioioso chiacchiericcio copra le brutte notizie del telegiornale, che comunque verranno riproposte nell’edizione successiva.
Per me è assurdo sudare ai fornelli, soprattutto in questa stagione, per poi dover mangiare con persone accupite sopra i piatti. Se c’è un problema, invece di fissare con sguardo atterrito le polpette, parliamone. Certo, non sarà facile portare a termine il discorso tra “Mi passi l’acqua?”, “Il sale lo hai messo?” e “c’è un po’ di peperoncino?” vari, ma di sicuro, una volta arrivati al dolce, il cuore sarà un po’ più leggero e saranno state dette diverse opinioni da valutare o ignorare.
Poi, nel bere il caffè, tornerà il sereno, altrimenti neanche ci spreco lo zucchero. Io faccio di tutto per farli stare bene: accendo persino il forno con queste temperature torride. E tutto solo per vederli sorridere a pranzo e a cena: momenti di ritrovo per antonomasia, che pretendo siano gioiosi o almeno sereni.
Non c’è cibo più indigesto di quello condito dal silenzio o, peggio, da una lite: è una cosa che detesto e mi fa chiudere lo stomaco. Mi farei rimborsare i soldi della spesa in quelle occasioni.
Le discussioni vanno fatte durante i fuori pasto o, tutt’al più, a merenda.
Quando ci riuniamo intorno al tavolo, con il piatto mezzo vuoto e il bicchiere mezzo pieno, voglio stare bene. Voglio chiacchierare, voglio brindare, voglio giurare di aver salato la pasta, anche se non sembra, e voglio ascoltare il racconto sgangherato di un fatto buffo, mentre vanno i titoli di coda a rendere omaggio a TUTTI quelli che hanno contribuito alla realizzazione della puntata. Grazie!
gRaffa
Raffaella Di Girolamo
@gRaffa, a leggere questi articoli di capisce subito che sei una persona che ha studiato. Mannaggia