
“Il presidente e il direttivo tutto annunciano con grande dispiacere la sospensione di tutte le attività ed eventi finora svolti, causa mancanza di forze operative”: è il laconico messaggio lasciato dalla pro loco di Bugnara, esempio di una desertificazione delle aree interne che non è solo nei numeri.
C’era una volta la pro loco, emblema di attivismo e spirito di collaborazione che animava un’intera comunità, insomma, e ora non c’è più. Niente più giovani desiderosi di mettere energie e idee nell’organizzazione di eventi, feste e sagre, occasioni per esprimere se stessi contribuendo al benessere del proprio paese.
C’era una volta, ora non più. Accade nei piccoli centri come Bugnara dove il direttivo uscente ha lanciato un appello che somiglia più a una richiesta di aiuto per “invitare tutti coloro che volessero prodigarsi per il bene del paese a prendere parte a una riunione pubblica che si terrà il prossimo 14 marzo alle ore 18 presso il Comune”. Pensato al precipuo scopo di raccogliere adesioni, l’invito alla cittadinanza rappresenta un atto quasi dovuto perché, come afferma il presidente Antonio Di Tommaso “dopo undici anni di attività al servizio del paese, siamo rimasti in pochi e così non possiamo più fare nulla”. Un gruppo che da quaranta persone oggi ne conta poco più di sette “perché molti non possono più continuare a prestare la propria collaborazione” spiega Di Tommaso sottolineando però che il problema non è tanto questo quanto l’assenza del ricambio generazionale.
Un ricambio di forze e di energie un tempo alimentato dal senso di appartenenza che trasformava in motivo di orgoglio e di soddisfazione il far parte della pro loco. Quello che oggi è venuto a mancare, sottolinea Di Tommaso “è l’attaccamento alla comunità e chi potrebbe dare il proprio contributo preferisce starsene in piazza”. Parole che evidenziano un paradosso perché se da un lato è facile dare la “colpa” allo spopolamento che dai piccoli centri ha portato via un numero sempre maggiore di abitanti, soprattutto giovani, dall’altro però più complicato è capire cosa è rimasto. Non certo quel senso di appartenenza che dovrebbe animare chi ha deciso di restare nei paesi dove invece si fa fatica a trovare persone che vogliano impegnarsi per la comunità. Accade a Bugnara, e non solo a Bugnara, dove il rischio, più che concreto, è che non vengano rinnovati eventi entrati a far parte della tradizione come la sagra del formaggio che dice Di Tommaso “portiamo avanti da 32 anni” o quella del tartufo. E le tante collaborazioni ad eventi e feste organizzate da altre associazioni. Prime fra tutte Romantica, un evento reso possibile anche grazie al contributo della pro loco ma per il quale, stando così le cose, Di Tommaso e i suoi non potranno più fare molto perché, spiega, “per qualsiasi evento si dovrebbe poter contare su un gruppo di almeno 20 persone”.
Un vero e proprio sos quello lanciato dalla pro loco bugnarese che con l’invito all’incontro pubblico del 14 marzo, spera così di “mettere alle strette” quanti potrebbero entrare a far parte dell’associazione ma non si sono ancora decisi forse pensando che “tanto c’è qualcun altro”. Senza capire che, invece, quel qualcun altro siamo noi.
… stiamo diventando tutti apatici… una massa di rincoglioniti con gli occhi e le mani letteralmente presi da quelle scatolette piatte che chiamano smartphone, connessi con il mondo… e disconnessi con tutto quel che ci circonda e il vissuto quotidiano…
È passato tanto tempo da quei “ mi pensi, ma quanto mi pensi”… “ mi ami, ma quanto mi ami”.
Oggi, alla massa, bisognerebbe chiedere se ancora riescono a pensare… prigionieri come sono di una scatoletta piatta, come il loro vivere quotidiano.
Miserevoli oltre che apatici.
Anche tu hai la famosa scatoletta fra le mani. Sicuramente sei nei social. Perciò non giudicare
Prima che mio figlio trovasse lavoro al di fuori e lontano da questa vallata mi chiedevo davvero se il problema fossero le nuove generazioni o la tecnologia. L’apatia dei giovani invece dipende dalla precarietà del lavoro, l’insicurezza, il pendolarismo estremo con la paura di vedere il proprio contratto non rinnovato nonostante gli studi molti più intensi e pesanti di quelli che ho fatto io. Ora che mio figlio è in una regione più produttiva con un lavoro corrispondente alla sua laurea, ho riscoperto con piacere la sua felicità. Ora è impegnato in tantissime attività, negli sport e nel sociale. Qui invece, purtroppo, deluso dal futuro non aveva voglia di fare nulla.
AWA LA COLPA è DELLA POLITICA SONO SOLO LORO I RESPONSABILI M RACCUMANN CONTNUET A VUTà ALMEN LOR SARRCHISCN E VU NDERR