Cento ore di dignità e civiltà: la battaglia di Francesco De Chellis è stata di quelle andate oltre la strada da riaprire. E’ stata la reazione del carattere più profondo e genuino dell’Abruzzo e degli abruzzesi: una gara di solidarietà e rabbia che ha assunto le sembianze non delle vetrine rotte e i cassonetti incendiati, ma del sudore e della tenacia.
Tosto Francesco, quando ieri guardando negli occhi la politica e la burocrazia, senza odio e preconcetti, ha accettato le scuse del consigliere regionale Maurizio Di Nicola ringraziandolo perché non erano scontate, ma allo stesso tempo ha tenuto saldo il suo obiettivo, ferma la barra: perché ora, ha spiegato, “non sono più solo, attorno a me c’è un gruppo di persone che monitorerà le vostre promesse e se non saranno mantenute non esiterà a tornare a far sentire la propria voce”.
Che spettacolo ieri lungo quei 25 chilometri di montagna dimenticata: uomini e donne, a centinaia, bambini ed anziani, chi con una falce, chi con le ruspe e i potenti mezzi della sua azienda, chi con la scopa. A tagliare, pulire, riassettare, mettere in sicurezza lì dove la sicurezza le istituzioni non l’hanno garantita negli ultimi cinque anni. Sotto il sole che toglieva la saliva prima e sotto il temporale che bagnava e non dava respiro poi.
In poche ore è stato fatto un lavoro impressionante lungo il fianco di quella montagna maestosa e madre, un patrimonio che seppur con le sue ferite di boschi bruciati e torrenti straripati, massi cadenti e carreggiate instabili, ha e conserva tutta l’arroganza della sua bellezza. Che ti schiaffeggia e ti coccola, con i cambi repentini di clima e i colori che si riaccendono sotto la pioggia.
Amare questa terra, Francesco e gli abruzzesi, non possono evitarlo. Perché è lì, compagna del giorno e della notte, a sedurti ad ogni sguardo ad ogni respiro profondo.
Cento ore di digiuno e di dignità, cento ore di amore: una lezione di civiltà quella consumata sulla strada per Pacentro che vale molto più di una semplice protesta.
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