Caso di tubercolosi, da giovedì Tine-test per gli studenti

I controlli saranno lunghi e articolati, perché l’incubazione del bacillo di Koch varia dai due ai quattro mesi. I primi risultati attendibili, insomma, sul possibile contagio di amici e parenti del diciassettenne sulmonese ricoverato da venerdì scorso nel reparto di malattie infettive di Avezzano dopo essere risultato positivo alla tubercolosi, arriveranno quindi a primi di gennaio.
Il protocollo, però, prevede da subito una prima ricognizione: giovedì prossimo, così, gli addetti del servizio prevenzione territoriale della Asl si recheranno nella classe del liceo scientifico Fermi frequentata dal ragazzo e sottoporranno i suoi compagni al Tine-test. Si tratta di un’iniezione del bacillo sotto pelle per verificare eventuali reazioni e positività dei compagni di scuola del diciassettenne. Stessa operazione verrà fatta anche sui familiari del ragazzo e su quanti sono considerati “contatti stretti”. Solo se dovessero esserci delle positività, quindi, si procederà ad un controllo più capillare, esteso cioè anche ai “contatti occasionali”. Alle verifiche saranno sottoposti da subito anche i sanitari che sono entrati in contatto con il ragazzo tra giovedì (giorno del ricovero) e venerdì: in particolare una decina di persone tra i reparti del pronto soccorso, di medicina e di radiologia.
La strategia per aggredire il contagio è in realtà quella prevista da appositi protocolli, tuttavia i medici invitano a non creare allarmismo. Le condizioni del ragazzo sono infatti buone e questo potrebbe essere la prova che la carica virale non è elevata e che quindi ha avuto poca capacità di contagiare. L’infezione sviluppatasi nel ragazzo è stata dovuta probabilmente alle sue difese immunitarie basse, compromesse da una cura di cortisone.
Come spiegano i medici, d’altronde, la tubercolosi è una malattia che oggi non ha vita facile nella nostra società, perché le condizioni igieniche e la dieta più ricca ha reso i nostri organismi più resistenti e in grado di reagire ad un attacco, tant’è che il vaccino, in Italia, non si somministra più da una quindicina di anni, anche perché quelli in circolazione, prodotti all’Est, non sono così sicuri ed efficaci.
La malattia si cura con una terapia antibiotica che può durare dai sei ai diciotto mesi e fatta a base di isoniazide e rifampicina.
Resta da capire come il ragazzo abbia fatto a contrarre la malattia, con chi sia entrato in contatto. Anche per evitare altri casi.

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