Gli allarmi e le preoccupazioni non erano infondati: la decisione del tribunale di Sorveglianza di concedere la misura alternativa della semilibertà a Leonardo Ciaccio, braccio destro di Matteo Messina Denaro, permettendogli di lavorare nella biblioteca diocesana di Santa Chiara di Sulmona, deve essere rivista.
Lo ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione a cui nel settembre scorso si era rivolta la procura generale dell’Aquila, impugnando il provvedimento che il tribunale di Sorveglianza aveva emesso ad aprile scorso, di fatto consentendo all’ergastolano, mafioso e mai pentito, di recarsi il martedì e il venerdì dalle 9 alle 13 nella centralissima piazza Garibaldi per fare il bibliotecario.
E questo sulla sola base di una buona condotta e del fatto che fossero trascorsi venti anni di detenzione.
La vicenda aveva avuto anche una inevitabile eco politica, con la consigliera comunale Teresa Nannarone che aveva presentato un’interrogazione in Aula, chiedendo conto e spiegazioni di quello che si stava consumando in città e un vertice di sicurezza convocato in città. Una preoccupazione che, a quanto dice la Cassazione, era fondata.
La Corte Suprema ha infatti accolto tutti e tre i motivi di ricorso della procura generale dell’Aquila, evidenziando una leggerezza imbarazzante, in alcune parti, dei giudici di Sorveglianza che di fatto hanno rimesso in circolazione un criminale di altissimo rango, detenuto in via Lamaccio, mai pentito, condannato all’ergastolo per omicidio, sequestro di persona, soppressione di cadavere e associazione mafiosa.
Lo hanno fatto, dice la Cassazione, senza tenere conto del fatto che Ciaccio non si sia mai dissociato da Cosa Nostra, né abbia riparato al suo danno, senza analizzare correttamente, il tribunale di Sorveglianza, “l’eventuale assenza di collegamenti, attuali o potenziali, di Ciaccio con la criminalità organizzata e con il contesto mafioso”.
La Cassazione ha anche ritenuto non rispettato il criterio di gradualità del beneficio: Ciaccio, cioè, è passato dalle sbarre di via Lamaccio alle aule della biblioteca, senza fasi intermedie, senza aver nel corso dei suoi venti anni di detenzione mai usufruito di un permesso premio che, anzi, gli è stato negato più volte.
Infine, il passaggio più critico e inquietante, ovvero il fatto che il tribunale di Sorveglianza abbia “omesso di considerare la nota del Commissariato di Sulmona del 5 febbraio 2024 – scrive la Cassazione – nella quale era stata rilevato come il luogo nel quale doveva svolgersi tale attività era frequentato da numerosi pregiudicati ed era attiguo a un’abitazione di un ex collaboratore di giustizia facente parte della medesima organizzazione criminale”.
Quanto basta per annullare il provvedimento della semilibertà e sospendere l’incarico da bibliotecario, rinviando ad un nuovo esame al tribunale di Sorveglianza, tenuto conto che le obiezioni poste sono difficilmente superabili dall’oggi al domani.
Ciaccio, per il momento, quindi, torna e resta in cella.
Inquietante …..
Cosa è diventata la nostra piccola Sulmona ?
brava Teresa Nannarone ad aver acceso un faro su questa vicenda a lei i miei complimenti .
E Che lavoro delicato e rischioso fanno i giudici ….vanno protetti e rispettati .
W la gente onesta e forza Sulmona
Meno male che c’è Teresa
Qual è la differenza, dal punto di vista linguistico-formale tra “centrale” e “centralissima” (piazza Garibaldi)? Una piazza centralissima è più al centro di una “piazza centrale”? Qualcosa non mi torna… Noto questo strano e reiterato utilizzo della lingua nelle testate locali di questa città. Chiedo aiuto, senza polemica, a chi ha competenze linguistica in merito in modo da poter fugare qualsiasi mio dubbio.
Per i contenuti etici, morali e giuridici dell’articolo mi riservo riflessioni private.
È bene ricordare che solo la Nannarone ha criticato il provvedimento, solo la Nannarone ha gridato la contrarietà e la necessità di opporsi a questo provvedimento, solo lei ha detto chiaro e tondo che questi personaggi non devono trovare terreno fertile in città e che non devono proprio entrare in città, non li vogliamo, tutti gli altri politici (?) e partiti sono rimasti in silenzio in alcuni casi interrotto solo per accusare la consigliera di esagerare e di voler instillare paura al solo scopo di attaccare l’amministrazione, ebbene la Suprema Corte di Cassazione ha stabilito che gli allarmi e le preoccupazioni non erano infondati
L’articolo è sufficientemente chiaro:
– “Lo ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione a cui nel settembre scorso si era rivolta la procura generale dell’Aquila, impugnando il provvedimento che il tribunale di Sorveglianza aveva emesso ad aprile scorso
– “La Corte Suprema ha infatti accolto tutti e tre i motivi di ricorso della procura generale dell’Aquila”.
Senza togliere, ne mettere… in materia di “Giustizia”.
Questa è senz’altro un’ottima notizia per Sulmona e per l’intero circondario.
Sento quindi il dovere di ringraziare chi si è efficacemente adoperato per ottenere questo risultato.
Mi riferisco alla Procura Generale presso la Corte d’Appello di L’Aquila che, tempestivamente e con competenza, ha impugnato il provvedimento del Tribunale di Sorveglianza di L’Aquila.
Ha compiuto nulla più che il suo dovere istituzionale di protezione e prevenzione, certo, ma, specie oggi, questo non è affatto scontato e va rimarcato, particolarmente quando ha per effetto quello di rendere un servizio così importante alla nostra zona ed alla Città nella quale tutti noi viviamo.
Se la Procura Generale non avesse impugnato il provvedimento originario, nessun altro intervento, a nessun livello, avrebbe ottenuto, né avrebbe mai potuto ottenere, alcun effetto come quello oggi riportato. Forse – e con bassa probabilità – si sarebbe giunti a qualche risultato per altre vie, ma mai si sarebbe pervenuti a questo risultato, con questi tempi e queste modalità.
Ciò che, dunque, ha funzionato è il “sistema Giustizia”, che ha “girato” come doveva e, come doveva, ci ha protetti. Tutti. Anche coloro che, spesso ed a torto, gli danno addosso. Anche coloro che, ogni giorno, non vedono – forse perché nessuno glielo mostra, mentre qualcuno gliene mostra invece le sole disfunzioni – come questo sistema ci aiuti e ci protegga in mille, silenziosi, efficienti modi.
A Il Germe va, a mio avviso, l’indubbio merito di aver riportato per primo, fin dal 5 settembre 2024 (lo stesso giorno de Il Messaggero e de La Stampa), la notizia dell’impugnativa già allora proposta dalla Procura Generale (e, per la verità, la notizia così completa era riportata solo da Il Messaggero), così svolgendo tempestivamente e con completezza il suo ruolo di tenere informata la comunità sulle notizie di suo indubbio interesse.
Alla consigliera comunale avvocata Nannarone va, a mio avviso, l’indubbio merito di aver attenzionato alla politica locale, per prima fin da quello stesso 5 settembre 2024, la delicatezza di una questione che era ed è innanzitutto di sicurezza per la nostra comunità, scorgendo per prima, al livello politico, la gravità del problema e la indubbia necessità di solidarizzare con l’impugnativa che la Procura Generale aveva proposto avverso un censurabile (tanto che è stato censurato e riformato) provvedimento della magistratura di sorveglianza.
Tanti elogi per tutti ,ma nessuno contesta o si meraviglia della macroscopica porcheria perpetrata dal Giudice di sorveglianza ,che ha permesso tutto ciò, …una seria attività disciplinare andrebbe intrapresa dall’ufficio del ministro della Giustizia o dal procuratore Generale presso la cassazione per valutare l’operato di un Magistrato un po'” disattento” nel valutare una così delicata vicenda Mafiosa.
Troppo potere ai giudici di sorveglianza… Ingiusti in molti contesti… Concordo quanto scritto da magistratura senza controllo..