Comunicano l’interruzione di ogni trattativa e la volontà di proseguire con lo stato di agitazione finché non si conosceranno le intenzioni dell’amministrazione riguardo la gestione del penitenziario peligno. Sono le siglie sindacali SAPPE, SINAPPE, OSAPP, UIL PA/PP, USPP, FNS CISL, CGIL che in un comunicato congiunto chiedono “un urgentissimo incontro” con i vertici dell’amministrazione penitenziaria per affrontare le questioni relative all’apertura del nuovo padiglione.
Un’apertura che rischia di compromettere ancora di più le condizioni lavorative del personale che, ricordano i sindacati, “da oltre quattro anni è lasciato ad operare in condizioni gravemente inadeguate, con un organico ridotto e un’organizzazione del servizio basato sulla turnazione a tre quadrati, in palese violazione di quanto disposto dall’A.N.Q.” e con ore di straordinario che superano abbondamente le 40 mensili. E, ad essere vietati dalla normativa anche “i piantonamenti gestiti su tre quadrati”, situazione aggravata “dalla mancata previsione del cambio mos” con ulteriori disagi sia operativi che organizzativi.
Dal momento che nessuna risposta hanno ricevuto le numerose note e segnalazioni relative alle “criticità del vecchio padiglione”, dal malfunzionamento della corrente elettrica alla mancata erogazione dell’acqua calda, “nè sono stati forniti suggerimenti per affrontare e risolvere le problematiche esistenti”, ai sindacati altro non resta che interrompere ogni trattativa in attesa che l’amministrazione “voglia finalmente assumere un attegiamento responsabile e collaborativo”.
Rammentando gli impegni assunti dall’allora capo DAP Petralia, dal direttore generale del personale Parisi, dall’allora provveditore regionale Cantone nonché dal sottosegretario alla giustizia Delmsatro Delle Vedove in visita lo scorso anno nell’istituto penitenziario di Sulmona “per la messa a norma del vecchio padiglione e l’invio di unità di personale necessarie a sanare la carenza organica”, le sigle sindacali tornano a chiedere un incontro con chi finora ha solo dimostrato “disinteresse nei confronti delle esigenze del personale che quotidianamente si impegna per garantire il corretto funzionamento dell’attività penitenziaria”.
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