Sotto l’ombra delle tre torri del castello Caldora di Pacentro si stanno svolgendo gli ultimi giorni di campagna elettorale in vista delle elezioni comunali che domenica decideranno chi sarà il Primo cittadino per i prossimi cinque anni. Ad affrontarsi sono due esponenti politici di primo piano, l’ex sindaco – per due mandati – Fernando Caparso e il sindaco uscente Guido Angelilli.
Angelilli, che si ripresenta alla testa della lista Rinnovamento, è forte dei cinque anni di consiliatura e rivendica innanzitutto il metodo portato avanti dalla sua amministrazione, basato sulla partecipazione e sul coinvolgimento della popolazione locale. Sottolinea la prossima riapertura della 487, per la quale la sua amministrazione ha dovuto andare a reperire i fondi. Su questo punto Angelilli manda una stoccata al suo avversario, reo quando sedeva fra i banchi del consiglio provinciale, di non aver fatto nulla per la riapertura della 487. Inoltre Angelilli sempre sul tema strade evidenzia di essere riuscito a far inserire nel Piano triennale della Provincia i prossimi interventi sulla sp 54 – che da Campo di Giove porta verso Passo San Leonardo e sulla sp 13 – che dalle Marane porta a Pacentro. Infine Angelilli ricorda che Pacentro sarà dotato nei prossimi anni di una scuola nata grazie ad un processo di progettazione partecipata che sarà un’avanguardia nella Valle Peligna e doterà il Comune di un plesso scolastico completamente antisismico.
Caparso, che è sostenuto dalla lista Direzione Pacentro è di tutt’altro avviso sull’operato dell’amministrazione. Innanzitutto sul bilancio – sul quale è stata fatta una procedura di rientro del deficit – nel cui consuntivo, l’amministrazione uscente avrebbe scritto di avere 1,2 milioni di euro in cassa, una cifra eccessiva che è segno di un piano di rientro troppo gravoso fatto a spese dei cittadini. Per Caparso, Angelilli dovrebbe ammettere di aver sbagliato e di aver chiesto ai cittadini pacentrani più di quanto necessario e per questo dovrebbe fare mea culpa e chiedere scusa. Inoltre Caparso evidenzia il colpo durissimo dato dalle strade chiuse – sr 487 e sp 13 – che avrebbero arrecato al paese gravi perdite in termini turistici, deviando i flussi verso Cansano e Campo di Giove. Infine anche Caparso lancia la sua stoccata all’avversario dicendo che un sindaco deve vivere il proprio paese tutti i giorni, a differenza da quanto fatto dal suo sfidante.
Ad ogni modo Angelilli per i prossimi cinque anni ha proposto ai suoi cittadini un programma in continuità con quanto fatto fino ad ora. Non avendo più il fardello del dissesto si dedicherebbe a completare l’autonomia energetica del paese con la vendita del surplus a beneficio delle casse comunali. Sempre nell’ottica dell’efficientamento vorrebbe realizzare la compostiera di comunità, un esperimento unico in Abruzzo che attraverso il conferimento comune dell’organico, consentirebbe di produrre compost per gli abitanti del paese con possibilità di sgravi sulla Tari. Infine vorrebbe valorizzare il patrimonio storico artistico, mettendo a sistema musei, convento e castello per creare un polo culturale che sarebbe uno degli elementi di forza dello sviluppo turistico del Comune.
Per Caparso invece la priorità va data alle strade, per le quali è necessaria la riapertura immediata e sottolinea come durante le sua amministrazioni passate le strade non siano mai state chiuse per lunghi periodi. Poi vorrebbe rendere efficienti la gestione dell’acqua – per la quale rivendica la decisione quando era sindaco, di non cedere l’acqua di Pacentro all’allora Ato – e della rete elettrica. Infine per Caparso è necessario rilanciare il turismo, soprattutto quello legato alle discipline sportive, fra le sue idee infatti ci sarebbe quella di realizzare una pista da sci di fondo a Passo San Leonardo e quella di organizzare in collaborazione con la Figc e Fit dei centri estivi sportivi in modo da attirare gli appassionati di calcio e tennis.
Savino Monterisi
Non si sopporta Roma per come ancora mostra ignobile razzista noncuranza nel far ancora votare in queste minuscole colonie agricole medievali posizionate ad equa distanza di pochi km tra di loro per i tempi che si comunicava con i suoi tempi viaggiando a dorso di asino e non con il fulmineo imminente 5G, ed abitate da umili contadini e servi della gleba che lavoravano in schiavitù con mezzi manuali fazzoletti di terra ancora così petimetrati dalle centuriazioni romane.
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