Camici scaduti per il trasporto dei Covid. La Cgil va in procura

Camici scaduti dal 2015, risalenti all’emergenza Ebola addirittura, che sarebbero stati utilizzati come sistemi di protezione per il trasporto dei casi Covid e strappatisi durante il tragitto. E ancora percorsi d’ingresso spesso non separati per i ricoveri, ambulanze non adeguate e, più in generale, “l’assenza totale di una regia per la gestione dell’emergenza”. La Cgil presenterà oggi un esposto alla procura della Repubblica “perché – spiega il provinciale Anthony Pasqualone – qualcuno un giorno si dovrà assumere le responsabilità dei rischi che stiamo correndo, che stanno affrontando innanzitutto gli operatori in prima linea e più in generale la comunità con cui poi entrano in contatto”.


E le notizie che arrivano dal fronte sembrano dare ragione al sindacato: nella giornata di ieri dei sei nuovi positivi al Covid nella provincia dell’Aquila la metà sono operatori sanitari: uno del 118, una dottoressa e un’operatrice socio sanitaria del reparto di Geriatria del San Salvatore che era stata a contatto con il sessantanovenne di Castel di Sangro deceduto ieri.
“Ci risulta che a Castel di Sangro i dispositivi di protezione personale sono pochi e in molti casi scaduti – continua Pasqualone – ma le criticità sono molte e sparse anche negli altri presidi”.


Di ambulanze adeguate, cioè con barella a pressione negativa di biocontenimento, ad esempio, ce n’è una sola in tutta la regione (a Teramo), in attesa che le altre tre promesse arrivino negli ospedali di L’Aquila, Avezzano e Sulmona.
A questo si aggiunge una sostanziale confusione organizzativa per la quale, ad oggi, non si capisce ancora quali e quanti dei quattro presidi ospedalieri provinciali debba essere centro Covid.

All’Aquila nella struttura ex G8 già da oggi i posti in terapia intensiva dovrebbero passare da sei a quattordici (ed entro la prossima settimana si dovrebbe arrivare a cinquantuno), ad Avezzano i tre posti letto a pressione negativa esistenti non sono mai stati occupati, nonostante dalla Marsica arrivi il maggior numero di positivi della provincia. I sospetti, qui, vengono messi nel reparto malattie infettive, in attesa del tampone ed eventualmente di un trasferimento nel capoluogo di regione. A Sulmona, poi, dove un reparto di malattie infettive non esiste, c’è al momento un solo posto di terapia intensiva a pressione negativa, occupato giorni fa dal paziente di Castel di Sangro, dopo che lo stesso per ore era rimasto in attesa nella tenda pre triage dell’ospedale sangrino. Un ricovero, dicono dalla direzione Asl, imposto dal 118 e dovuto al peggioramento delle condizioni di salute del paziente.


Sul ruolo che dovrà recitare Sulmona, d’altronde, le posizioni sembrano essere non sempre combacianti: mercoledì scorso, mentre la sindaca Annamaria Casini scriveva al manager Asl per trasformare l’Annunziata in un ospedale “Covid free”, di supporto insomma alla “normale” sanità provinciale, dall’altra, nello stesso giorno, il primario di Rianimazione scriveva alla direzione annunciando che Sulmona era “ufficialmente funzionante e utilizzabile, avendo approvvigionato una quantità sufficiente di Dpi per il trattamento di paziente critico Sars Cov 2 per due settimane”.
Tant’è che il paziente ricoverato, che sembra sia stato stabilizzato e le cui condizioni sono migliorate, resterà all’Annunziata e non sarà trasferito, presumibilmente fino alla sua, ci si augura rapida, guarigione.

4 Commenti su "Camici scaduti per il trasporto dei Covid. La Cgil va in procura"

  1. ma da dove è riuscita la CGIL? non erano defunti? già non si lavora e si preannuncia un anno senza un euro e questi pensano agli scioperi? ma chi li sta a sentire? sono la nullità. non se li fila più nessuno. a parte i nullafacenti infingardi.

  2. Modesto medicus | 23 Marzo 2020 at 08:17 | Rispondi

    Bene, mi fa piacere, finalmente c’è un sindacalista con le pxllx. Non si può stare ad elogiare e lanciare proclami su come sono bravi i sanitari italiani ed ad infiorare il loro lavoro da “EROI”. Bisogna pensare anche a ciò che si fa e lo debbono pensare coloro che hanno la responsabilità delle unità operative ospedaliere. Non si può pensare di trattare persone affette da una infezione oltremodo contagiosa, con personale non idoneo, cioè non assunto per trattare gli infettivi. Ecco perché io scrivevo su questo sito, giorni fa, di tenersi pronti, di addestrare il personale in una unità pronta per tale evenienza. Inutile creare un posto covid 19 di rianimazione, senza i mezzi collaterali alla bisogna. È come mandare i nostri alpini a combattere nella steppa con i muli e le scarpe di cartone, al posto delle panzer division. E che dire dell’ambulanza? Non ne parliamo. Sentire poi che il materiale di protezione sia scaduto e obsoleto è come sentire la solite storie della sanità italiana,povera in mezzi e personale. Così ridotta da anni ed anni di incuria, di privazioni e di tagli poderosi. dopo la grande abbuffata di sperpero immane da parte dei politici comitati di gestione, una accolita di incapaci ed incompetenti. Allora ,caro Pasqualone, vada vanti senza tentennamenti, mettendo a nudo le carenze e faccia tutto ope legis, chiedendo anche se il personale assunto per altre mansioni sia tenuto ad assistere malati altamente infettivi senza una adeguata preparazione. Ben disposti sì,ligi al dovere sì, ma fessi no. Il personale sanitario non è eroe, è gente che vuole fare il proprio dovere ma in tutta sicurezza, come del resto chiedono tutti i lavoratori. Ed a me sembra una cosa giusta. Nel creare reparti nuovi, bisogna pensare a tutto e non dal nulla, come piantare cavoli o patate. E pregherei anche il sindaco di Castel di Sangro, di andare a dare un’occhiata al suo ospedale e sentire medici ed infermieri in che condizioni lavorano e se sono soddisfatti dei mezzi a disposizione, invece di fare proclami televisivi al solito popolo bue. Sono i fatti quelli che contano le chiacchiere stanno a zero.

  3. Vediamo che altro riesce a fare combaciare con il suo cognome la sindaca!!!!!!!

  4. Indagate a tappeto | 27 Marzo 2020 at 12:40 | Rispondi

    Il sindacato dovrebbe andare anche in altre strutture, riunire tutto il personale e chiedere se i vari direttori sanitari gli hanno forniti idonei dpi. Ne scoprirete delle belle.

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