Il danno e la beffa: la Corte di Cassazione ha annullato questa sera di fatto la sentenza della Corte d’Assise d’Appello con cui erano stati condannati dieci dei diciannove imputati nel processo di Bussi, la discarica dei veleni che per quaranta anni ha inquinato suolo, sottosuolo e acque della nostra regione. Quattro assoluzioni “per non aver commesso il fatto” e sei prescrizioni. Non solo: la Cassazione ha anche revocato le statuizioni civili, ovvero la possibilità di un risarcimento e quindi di una bonifica del sito da far pagare alla Montedison, che a questo punto diventerà un problema solo delle casse pubbliche.
Una sentenza che in qualche modo era inaspettata, tanto più che in sede penale le dieci condanne comminate erano state coperte quasi tutte dall’indulto. La revoca delle provvisionali civili sulla base delle quali la Presidenza del consiglio dei ministri, il ministero dell’Ambiente, la Regione, la Provincia e le associazioni ambientaliste, avrebbero potuto imbastire la loro causa civile per il risarcimento, è però la parte più dura da digerire, perché di fatto quel disastro ambientale esteso su diciassette ettari e con quasi 500mila tonnellate di veleni interrati, resta impunito.
Una brutta pagina per l’ambiente, per la popolazione abruzzese e per la giustizia, almeno quella fuori dai tribunali.
Certo che le leggi italiane sono come la pelle di zigrino. Un insieme di giudici dice una cosa, un altro insieme ,detta corte, di giudici dice un’altra, un altro insieme ancora dice un’altra. Ma i codici in Italia chi li ha scritti, se nessuno li capisce e ci vogliono un esercito di giudici per arrivare ad una conclusione? Ora c’è pure la corte europea, per intorbidire ancora di più le acque. Sembra una partita di ping pong.
Guido Conti, che scoprì il mega inquinamento, il disastro ambientale, muore una seconda volta