“Don’t give up the fight”, “Non mollare la lotta”, diceva Bob Marley, ed è la frase, la prima cosa che colpisce entrando all’interno di “Burn one down” che poi è un altro titolo preso in prestito al mondo musicale, quello di una canzone di Ben Harper. In un accogliente locale di Corso Ovidio sud ha aperto i battenti, sabato scorso, un negozio tutto nuovo allo scopo di avvicinare il mondo della cannabis alla popolazione peligna. Nulla di illegale, no, qui si parla dell’ormai nota canapa a basso Thc, la cosiddetta “light”, quella con un principio attivo che si aggira tra lo 0,3 e lo 0,6 al grammo.
L’idea nasce da una forte amicizia e da una comune passione di Marco di Paolo, Giacomo Ruscitti e sua moglie Veronica Silvestri che parte dalla semplice vendita ma aspira a molto altro. A partire dalla posizione. Non è una scelta casuale, infatti, l’aver scelto quella parte di corso “morta” da tempo e in gravi difficoltà economica, vicino a quel bar che i tre soci amano tanto e con il quale è nata nel tempo una profonda amicizia. Un modo di aggregarsi e tornare ad animare ognuno a suo modo il centro cittadino. Ma a parte il valore sociale, quello di aprire un locale totalmente dedito alla cannabis affonda le sue origini in convinzioni profonde che partono proprio dai benefici che questa pianta può donare. Nota fin dai tempi dei romani, che ne facevano buon uso, all’interno di “Burn one down” si vendono infiorescenze, semi da collezione di canapa sativa ed indica a basso Thc, tutto il materiale utile alla coltivazione e le prospettive si spingono oltre per coinvolgere ed ampliare lo spettro d’azione anche attraverso laboratori d’istruzione per persone adulte in modo da favorire una giusta informazione sul tema. E’ questo l’auspicio dei tre giovani intenzionati a continuare su questa strada, ipotizzando anche diverse forme di vendita tra le quali anche quella al domicilio.
Al momento le tante varietà vendute vengono tutte acquistate, dall’estero arrivano le migliori qualità come le svizzere, ma neanche l’Italia scherza in quanto a buone coltivazioni, la fanno da padrona la finola e la carmagnola per la quale quelli di “Burn one down” stanno lavorando per una coltivazione a marchio peligno. Perchè la cannabis, inutile girarci intorno, per chi la odia, per chi la ama, per chi la guarda con sospetto, resta una pianta dai mille benefici utilizzata anche a scopi terapeutici. Marco, malato di sclerosi multipla, è uno dei primi in Italia ad averla ottenuta gratuitamente dallo Stato, cinque grammi al giorno, una denuncia e una causa vinta nel lontano 2010 perchè coltivava da sé le sue piantine, assolto per “stato di necessità”. La sua condizione è essenzialmente la molla di tutto il progetto, del profondo studio che lo ha catturato, le competenze scientifiche apprese, la possibilità di aver eliminato dal suo ricettario ben otto tipi di farmaci sostituiti dall’uso legittimo (il suo) della cannabis.
“Una pianta che potrebbe risolvere tantissimi problemi e malattie”, lo ha detto anche l’Organizzazione mondiale della sanità, in Italia si rischia però un passo indietro con il Consiglio superiore della Sanità che ne ha denunciato i possibili rischi. Ci sono studi che, addirittura, attestano la capacità della pianta di ridurre le dipendenze e fornire, quindi, un sostegno concreto a tante patologie, non ultime i vari tumori. Tra i diversi tipi di bong in vetro e i numerosi colori risalta un particolare cylum “made in Sulmona”. Lo presentano con orgoglio Marco e Giacomo, è l’opera di un artigiano locale creata appositamente per il trio di “Burn one down” e presto ne assumerà il marchio perchè, come detto, l’apertura del negozio non è solo vendita, ma assume un risvolto sociale teso all’avvio, tra le altre cose, anche di diverse collaborazioni. Tra di esse è auspicata quella con lo Stato stesso a garanzia della legalità. E chissà se un giorno si farà il grande passo della legalizzazione anche in Italia, in questo caso: “speriamo che sia femmina”.
Simona Pace
Sono anni ed anni che si discute sulla cannabis e sul suo uso voluttuario. Da una parte coloro che dicevano e continuano a dire che la cannabis fa male ed è a tutti gli affetti uno stupefacente e dall’altra quelli che dicono che la cannabis non fa male e che si può consumare liberamente,radicali in prima fila con i suoi politici e con i suoi esperti. Ora dopo tanto parlare a furia di “tavole rotonde”, si è fatta una legge di stato per cui è possibile consumare in libertà, la forma light della cannabis. Negli Usa ci sono spacci che la vendono ed il giro di affari pare sia vertiginoso. Dicono che la cannabis è utile anche a fini terapeutici,come la cura del dolore cronico, nel ridurre la spasticità in alcune malattie nervose,nello stimolare l’appetito nelle persone inappetenti, nel calmare il vomito conseguente a trattamenti contro i tumori,tipo radio e chemio etc. Ora anche lo stato ha dato mandato all’Istituto farmaceutico di Firenze di produrre inflorescenze light di cannabis ad uso terapeutico ed in carenza anche di importarne. Mi chiedo: hanno vinti gli antiproibizionisti oppure i conservatori? A che titolo, cannabis libera o cannabis solo terapeutica? Io penso che se anche terapeutica, diventa facile acquistarla anche a scopo voluttuario e come le sigarette light ,invece di fumarne 5 di normali se ne fumano 10 di light ed alla fine la fumata in sé è del tutto normale con tutti i danni che ne derivano. Un tempo ,quando si diceva pane al pane e vino al vino, un noto e celebre farmacologo universitario scriveva:”Usata un tempo come sedativo,antispasmodico ed analgesico è ora abbandonata perché di azione incostante,mal tollerata e comunque di nessuna utilità terapeutica.( I tempi ritornano con il loro fardello di errori)” Diceva anche: L’uso voluttuario della cannabis se moderato, non dà luogo per lungo tempo a gravi inconvenienti ,ma a poco a poco si stabilisce una “cannabinomanìa”,con disturbi della nutrizione e del sistema nervoso ,che sfociano ordinariamente nella pazzia.”. Ma tu vuoi mettere un Dalla Vedova, grande anti proibizionista e fautore della attuale legge,con uno scienziato, stando alla considerazione che si ha per la scienza da parte della “nouvelle frontiere” perbenista, buonista e perdonista? Memento Vannoni ed i tanti richiami degli scienziati ufficiali al suo illusorio metodo, passati in cavalleria.