Botte al padre e alla nonna: confermate le accuse per 22enne di Pratola

I metri di distanza da mantenere dalla casa dei familiari passano da cinquecento a cento, per motivi logistici, ovvero per permettere al giovane di poter stare nel bed and breakfast nel quale si è dovuto trasferire dal 7 marzo scorso. Ma la sostanza e la misura cautelare non cambiano, con il braccialetto elettronico a monitorare che il ventiduenne di Pratola Peligna, accusato di maltrattamenti in famiglia, in quella famiglia non ci torni.

E’ quanto ha deciso il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Sulmona, Marta Sarnelli, a seguito dell’interrogatorio di garanzia a cui si è sottoposto il ventiduenne che, secondo l’accusa, per due anni avrebbe picchiato i familiari ripetutamente.

Fino all’episodio più grave, ovvero quello di aver sferrato una testata alla nonna ottantottenne per poi toglierle il telefono dalle mani per evitare che chiamasse aiuto.

“Mia nonna ha 88 anni – ha detto al giudice il giovane, difeso dall’avvocato Uberto Di Pillo – se davvero avesse subito una cosa simile, non sarebbe più in vita”.

Per i giudici, che l’altro giorno gli hanno notificato anche l’avviso di garanzia firmato dal sostituto procuratore Edoardo Mariotti, però, non è così: le accuse contestate sono quelle di maltrattamenti in famiglia, lesioni personali aggravate e violenza privata.

Una storia di violenza che è venuta alla luce grazie al lavoro delicato dei carabinieri che, nel tempo, hanno saputo conquistare la fiducia della famiglia, fino a farsi raccontare e a far denunciare quanto accadeva in casa da due anni.

I militari, chiamati alla fine dello scorso anno dal padre che aveva ricevuto dal figlio una ginocchiata, avevano intuito che quel gesto non era né casuale, né isolato. Con il tempo avevano così convinto la famiglia a fidarsi e a prendere eventuali provvedimenti, prima che quelle botte potessero degenerare.

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