Niente auditorium e piani alti, ma la sede dell’Agenzia di promozione culturale di piazza Venezuela potrebbe riaprire presto, forse già la prossima settimana.
Le verifiche fatte dai tecnici della Regione, infatti, hanno ipotizzato l’uso dell’edificio a torri progettato da Paolo Portoghesi grazie all’alleggerimento dei carichi verticali. In sostanza la sede di piazza Venezuela, chiusa più di dieci giorni fa a causa di problemi di staticità e vulnerabilità sismica, potrebbe essere aperta al pubblico limitando gli spazi al piano interrato e al piano terra, escludendo però l’auditorium e i due piani superiori dell’edificio.
Da un punto di vista operativo non si tratta di un insormontabile handicap: nei due piani che resterebbero aperti, infatti, sono ospitate praticamente quasi tutte le attività e i servizi aperti al pubblico: i 35mila libri, le sale lettura e studio e le postazioni dei computer.
Dovranno invece essere inaccessibili e svuotati di tutti i carichi i due piani superiori che oggi ospitano gli uffici sia dell’Apc, sia del Centro regionale dei beni culturali, oltre ad una saletta per riunioni e la sede dell’associazione Brigata Majella.
Certo il venir meno dell’auditorium rappresenta una grave perdita, perché lo spazio era molto utilizzato dalle associazioni e dall’Università della terza età, come luogo di convegni, corsi e incontri. Ma tant’è: tornare in possesso dello spazio in breve tempo è sicuramente una prospettiva migliore del dover attendere un trasferimento in sedi ancora da attrezzare.
Resta il problema degli uffici che, però, volendo e se i lavori di adeguamento sismico saranno brevi, potrebbero comunque stringersi negli spazi disponibili.
La Regione, comunque, sta valutando l’ipotesi di poter trasferire i dipendenti e i loro uffici in un’altra sede, presumibilmente quella dell’Inps in via Gennaro Sardi.
Di certo la cittadinanza è in allerta: la petizione popolare sta ottenendo buoni risultati e il comitato “Salviamo la cultura” non intende certo farsi scippare l’unico punto di aggregazione culturale rimasto in città. Uno spazio che, probabilmente, anche alla luce della nuova perizia e valutazione tecnica, si poteva evitare di chiudere da un giorno all’altro, lasciando la città, nell’anno del Bimillenario, senza biblioteche.
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