La luna è lontana e il dito, neanche quello si riesce più a vedere. E’ una città che non guarda oltre e neanche all’imminente quella che ci consegna alle porte di un autunno che si preannuncia impietoso. Come quello scorso e della scorsa primavera ed estate. Cicli di stagioni e di delusioni. Neanche più sollevati dalla speranza, in attesa delle prossime promesse. Che sono state e che rifioriranno cariche di milioni e progetti, di “ce la faremo” e “avanti così”, giusto il tempo di arrivare al 10 febbraio ed affidare il nostro destino ai nuovi potenti. Per poi ricominciare a scendere senza paracaduti. Un avvitamento precipitoso, che non trova fine. E cade e guarda già il suolo e lo schianto. Vicino e già tangibile: le scuole in eterna emergenza, le palestre chiuse e lo sport fermo, neanche un pasto caldo per i ragazzi tra una lezione e l’altra. La ricostruzione che è lenta e l’economia che boccheggia, sempre più. E poi le scene indecorose negli uffici e nelle aule del Palazzo: le ambulanze, i malori e le urla, le offese, le denunce, le “zoccole” e i “deplorevoli vecchi”. Quand’è che si è caduti così in basso, in quale punto esatto la caduta è diventata avvitamento, precipitoso e senza fine. Fino allo schianto. Di certo non sarà facile riprendere l’ascesa, perché al di là dei nomi e dei volti, delle fasce tricolore che ogni due anni cambiano e cambieranno ancora, la forza per il colpo di reni chi ce la dà. Questa è una comunità ormai disgregata, impoverita, nello spirito e nelle forze. Con le sue case e le sue vie vuote, i palazzi cadenti e le idee stanche. E’ una città vecchia, che della vecchiaia non conserva però la saggezza. L’abbandono dei giovani e delle forze migliori è diventato ormai sistematico: in pochi, pochissimi, quando possono, decidono di restare e chi resta e ha forza, non ha certo più voglia di mettersi lì a giocare al massacro. Perché la politica dovrebbe guardare la luna e invece non riesce neanche a scorgere il dito, sempre a rincorrere una burocrazia imbarazzante che nessuno ha avuto la forza di raddrizzare e cambiare o ad adulare il ras di turno per un posto fisso o anche solo a tempo, parapubblico o paraculato. Senza ambizione e senza orgoglio, a campare alla giornata, ad aspettare il tramonto. Che passi l’autunno.
D’accordo. Le giovani mente se ne vanno e cresce l’impoverimento dei Sulmonesi e dei suoi governanti che tirano a campà primi di una programmazione ma soprattutto della costanza di fare per migliorare il benessere del vivere.
D’accordo. Le giovani mente se ne vanno e cresce l’impoverimento dei Sulmonesi e dei suoi governanti che tirano a campà privi di una programmazione ma soprattutto della costanza di fare per migliorare il benessere del vivere.
finchè ci saranno i vecchi della politica, o giovani vecchi (galoppini vecchio stile) Sulmona non avrà speranza alcuna. io penso che in primis occorre dare sostegno ai nuovi insediamenti produttivi. gli uffici tecnici vanno azzerati e il consorzio industriale deve scomparire. il pessimismo non aiuta….