La questione dell’Autonomia differenziata fra le Regioni italiane è al centro del dibattito pubblico nazionale in quanto il dossier è sul tavolo del premier Giuseppe Conte. Proprio in queste ore Lega e Movimento 5 Stelle stanno provando a trovare la quadra attorno al provvedimento che consentirebbe maggiore autonomia alle Regioni in ben 34 ambiti (contenuti nel terzo comma dell’articolo 117 della Costituzione) fra cui istruzione, tutela della salute, alimentazione, protezione civile. Il tutto è sancito dall’articolo 116 della Costituzione che dichiara: “Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia […] possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei princìpi di cui all’articolo 119”.
La Lombardia e il Veneto con referendum e l’Emilia-Romagna con voto del Consiglio Regionale hanno chiesto pertanto maggiori autonomie. Il 28 febbraio del 2017 il governo Gentiloni ha sottoscritto con Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna distinti accordi preliminari, che individuavano i principi generali, i metodi e l’elenco delle materie oggetto dell’autonomia. Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto hanno richiesto maggiori autonomie in tema di: Politiche del Lavoro, Istruzione, Salute, Rapporti Internazionali e con l’UE e Tutela dell’Ambiente e dell’Ecosistema.
L’economista sulmonese Aldo Ronci, utilizzando i dati che la Ragioneria Generale dello Stato ha pubblicato il 17 gennaio 2019 relativi all’anno 2017, ha fatto una stima di quello che potrebbe essere il minor apporto di risorse alla nostra Regione in ambito di istruzione e sanità, se l’autonomia differenziata dovesse essere approvata ed ha calcolato che subiremmo una decurtazione delle entrate pari a 250 milioni di euro per la sanità e 140 milioni di euro per l’istruzione.
L’Abruzzo vedrebbe dunque minori entrate per circa 400 milioni di euro, mentre le uniche Regioni che ci guadagnerebbero sarebbero Lombardia (+2100 milioni di euro), Veneto (+860 milioni di euro), Lazio (+ 720 milioni di euro), Emilia Romagna (+330 milioni di euro) e Piemonte (150 milioni di euro).
“La redistribuzione delle risorse nei servizi a forte contenuto solidaristico, come la sanità e l’istruzione – scrive Ronci – porteranno all’assegnazione di minori risorse alle già svantaggiate Regioni del Mezzogiorno con conseguente indebolimento dei diritti di cittadinanza e allentamento della solidarietà e della coesione sociale. Perfino il Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi di Palazzo Chigi sostiene che un tal modo di procedere implicherebbe un ingiustificato spostamento di risorse verso le regioni che hanno richiesto l’autonomia differenziata, con conseguente deprivazione delle altre”.
Dati che vanno in netto contrasto con quanto affermato nei mesi scorsi da diversi esponenti della Lega, ovvero che l’Autonomia differenziata converrebbe anche alla Regione Abruzzo, affermazioni che hanno trovato il timido sostegno del neoeletto governatore Marco Marsilio. Agli esponenti leghisti ora spetta l’arduo compito di provare a convincere i cittadini della convenienza di tale autonomia, dopo la valanga di voti raccolti alle scorse elezioni regionali ed europee, ma non sarà affatto facile, vista anche la cruda inclemenza dei numeri.
S.M.
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