Scandisce bene le parole, Katia Di Marzio, quando specifica:
“In nessuna circostanza ho mai asservito la terzietà del ruolo di Presidente del Consiglio alle logiche della politica”.
Una mattinata dalle acque parecchio agitate a Palazzo, (durante l’amministrazione che fa i primi passi verso il governo del branzino,) protagonista il botta e risposta animato tra il gruppo di Sulmona al Centro e la presidente Di Marzio, accusata di non avere convocato il consiglio comunale urgente. La presidente stretta nella morsa degli attacchi si è però difesa dando a sua volta la colpa al consigliere Andrea Ramunno che non sarebbe stato a conoscenza del debito fuori bilancio che doveva passare in Commissione. Una mattina che non ha risparmiato uscite di scena, con Pingue che tenta di prendere parola e il sindaco che gli parla sopra, così la decisione di Pingue e Di Marzio di alzarsi, uscire e non rientrare.
Una sorta di “processo di epurazione” quello nei confronti della Di Marzio, che rimanda le accuse ai mittenti definiti “esecutori materiali di disposizioni provenienti da altri”, la presidente del consiglio spiega: “Mi sono sottratta innumerevoli volte dal dibattito politico anche fuori dall’assise comunale ben più di quanto i vincoli regolamentari mi imponessero. Tanto ciò è vero che i consiglieri del gruppo Sulmona al Centro, nel loro livoroso attacco, non hanno trovano nemmeno uno straccio di ragionevole appiglio per chiedere la mia epurazione”.
E proprio a loro, ai consiglieri di maggioranza, ex compagni dei banchi casininiani, si rivolge: “Fatta eccezione per toni infantili e sterili offese, null’altro sono riusciti a mettere su che giri di parole e vuote accuse nel tentativo di argomentare una richiesta di dimissioni che, con tutta evidenza, è una mera rappresaglia, funzionale solo a liberare una casella ed allettare qualche possibile nuovo alleato. Stride in misura inaccettabile alle orecchie di ogni cittadino, peraltro, che a fronte del risibile processo di epurazione chiesto nei miei confronti, motivato dalla millantata e fantomatica mancanza di terzietà, gli stessi consiglieri non spendano, al contrario, neanche una parolina per i gravissimi, comprovati e reiterati atti di ingerenza che i vertici delle società partecipate, Cogesa e Saca, hanno posto in essere nella campagna elettorale appena conclusasi, a favore di particolari candidati”.
La presidente incalza: “Un briciolo di onestà e autonomia intellettuale avrebbe risparmiato loro l’umiliazione di confermarsi, ancora una volta, come meri esecutori materiali di disposizioni provenienti da altri” e conclude “è pur vero, del resto che, se ne fossero stati dotati, quella di Sulmona, oggi, sarebbe un’altra storia. Peccato”.
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