Assolta “il mostro” dei gattini

Non ci fu nessuna uccisione volontaria, nessun mostro, ma si trattò di “un gesto volto alla tutela degli animali e non un gesto brutale e crudele nei loro confronti”. E’ il giudice Concetta Buccini a stabilirlo con l’assoluzione, perché il fatto non sussiste, di una donna di Pettorano sul Gizio portata in giudizio dalle sue vicine di casa con l’accusa di aver cosparso di liquido un numero imprecisato di gatti appena nati rinvenuti nel giardino della propria abitazione e averli scaraventati con una pala in un terreno agricolo provocandone la morte.
I fatti risalgono al luglio del 2014, quando due giovani se la presero con la vicina perché, secondo loro, aveva ucciso dei gattini appena nati. Foto e urla e poi la denuncia che aveva portato ad un decreto penale di condanna nei confronti della donna, sessantottenne, a cui la stessa, tramite il suo avvocato Gianluca Lavalle, si era opposta finendo davanti al tribunale.
Nel corso del dibattimento, così, le versioni delle due sorelle che la accusavano sono risultate piuttosto contrastanti: una diceva che la donna aveva messo i gattini in un pentolone pieno di qualche liquido per poi gettarli, un’altra che li aveva scaraventati con la pala e con violenza oltre il recinto di casa provocandone la morte.
In realtà, ha stabilito il giudice, il gesto della donna non fu affatto violento, ma anzi finalizzato a salvare la vita ai piccoli felini: voleva semplicemente spostarli da dove si trovavano perché doveva innaffiare il giardino e toccarli con le mani nude, avrebbe portato mamma gatta ad abbandonarli. Così utilizzò sì una pala, ma per adagiarli nel campo a fianco; anche se dopo un paio di giorni uno dei quattro gatti morì.
Per tre anni, però, la donna ha dovuto convivere con questa brutta accusa, costretta a difendersi da un decreto di condanna. Tant’è che ora sta valutando l’ipotesi di una denuncia per calunnia nei confronti delle due sorelle: “Probabilmente le denuncianti – scrive lo stesso giudice – hanno assistito a qualche scena che le ha infastidite, anche in ragione della estrema sensibilità dovuta forse alla giovane età”.
So’ ragazzi, insomma: va a spiegarlo all’imputata, però.

3 Commenti su "Assolta “il mostro” dei gattini"

  1. Denunciare il maltrattamento degli animali è un dovere, non solo prescittto dalla lagge ma anche dal buon costume. Come ogni altro reato. Quindi il giornalista ha dimenticato di far presente che i denuncianti han fatto bene comunque bene a farlo (a torto o a ragione) e infatti poi la giustizia ha fatto poi il suo corso, giustamente o ingiustamente. Lo preciso perchè al contrario di come possa sembrare dall’articolo, i giornalisti non dovrebebro scoraggiare la denuncia dei rerati, ma informare. Non sfottere o sminuite chi si accola il suo dovere civico, ma apprezzarli. So giornalisti…. Sicuramente il giornalista in questione ben lungi dallo scoraggiare la gente dal loor dovere civico, ma un letore qualunque, a ben leggere, potrebbe fraintendere, quindi meglio precisarlo proprio in onore di chi scrive per questo giornale e a scanso di equivoci possibili.

  2. Denunciare un maltrattamento è un obbligo, denunciare un fatto non vero è calunnia. Il fatto che abbiano fatto bene a denunciare è un suo pensiero, perché se è vero, come riconosciuto dal giudice, che lo abbiano fatto “a torto”, hanno prodotto all’imputata un calvario giudiziario che non meritava. La chiosa dell’articolo non prende in giro le ragazze, ma è un commento alla spiegazione che ha dato il giudice.

    • il potere di decidere cosa sia calunnia non spetta ne a lei e ne a me o ad altri, se non un giudice. C’è chi ha denunciato un maltrattamento a trto o a ragione e se lo ha inteso come tale ha fatto bene. Ed è un dato di fatto, i giudici hanno fatto quel che dovevano fare a torto o a ragione, ed è un altro dato di fatto. Il resto puo essere derisione o istogazione al non denunciare reati. Ed è un altro dato di fatto. Quel che resta sono chiacchiere o faziosità, che non appartengono a lei e credo neanche al giornale. Pertanto ho sentito l’obbigo di puntualizzare quel che nell’articolo non era puntualizzato ababstanza a mio avviso.

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