La millenaria lontananza, da Ovidio ai migranti, un comune denominatore è possibile da rintracciare tra la tristezza del poeta relegato a Tomi, e le vicende di tanti emigrati di ieri e di oggi.
Proprio da qui si partirà, “Dai Tristia di Ovidio esule, alle storie amare degli emigranti di oggi. Un’analogia possibile?”. L’interrogativo si pone, viste le situazioni storiche, le circostanze, le cause diverse. “Esule, esiliato, emigrato: sono condizioni non sovrapponibili, ma confrontabili, se si pensa al loro significato antropologico e alla loro portata di umanità sofferente”
A spiegarlo nella conferenza del 1 dicembre alle 17.30 al Piccolo teatro di via Quatrario del professor Renato Di Nubila, dell’Università di Padova, all’interno della rassegna “L’AltrOvidio. Contributi moderni su tematiche senza tempo” – organizzata dall’Associazione Ares “Antonio Pelino” in collaborazione con il Comune di Sulmona.
“Si può tentare un’analogia con gli emigrati di tutti i tempi: esuli forzati, in viaggi senza fine, costretti dalla miseria, dalla guerra, dalla fame, dalle malattie, ma anche da illusorio senso di avventura” qui lo struggimento del poeta si avvicina ai sentimenti di una umanità alle prese con vicende drammatiche. Dunque gli effetti comuni che affliggono sia emigrato che esule forzato: la solitudine, il fallimento, la lotta per sopravvivere, la paura.
La storia dell’emigrazione in divenire, ieri e nuovamente oggi, si ripete dalle Americhe, l’Australia, ai barconi quotidiani. La nostalgia canta ancora l’uomo di oggi, i nuovi esuli dei nostri tempi. “Ma da Ovidio – concludono da Ares – si può cogliere anche un invito alla politica perché torni ad incontrare lo sguardo, i volti e le storie delle persone che, con tristezza, vivono anche oggi il loro forzato esilio”.
La storia dell’emigrazione in divenire, ieri e nuovamente oggi, si ripete dalle Americhe, l’Australia, ai barconi quotidiani. La nostalgia canta ancora l’uomo di oggi, i nuovi esuli dei nostri tempi. “Ma da Ovidio – concludono da Ares – si può cogliere anche un invito alla politica perché torni ad incontrare lo sguardo, i volti e le storie delle persone che, con tristezza, vivono anche oggi il loro forzato esilio”.
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