E’ l’ennesimo duro colpo ai danni del patrimonio archeologico del territorio, quello dell’area sottostante l’eremo di Sant’Onofrio al Morrone, una zona di estremo valore colpita nel cuore. Qualche giorno fa l’eremo di Ercole Curino è stato preda, infatti, di un riprovevole atto vandalico ai suoi danni. Vetrata rotta e muri colpiti da pietre di grosse dimensioni e, da una prima ipotesi, con estrema violenza.
Un simbolo per Sulmona e per l’intera Valle Peligna preso letteralmente a sassate e già questo basta per indignare chi quei luoghi li vive e li considera in tutto il loro valore. Le pietre tirate, si pensa da una prima ricostruzione dei fatti, con estrema violenza dal terreno sottostante il tempio, hanno danneggiato gravemente la parete a vetro che dà sulla vallata ed il muro a fianco, bucato in più punti. Sul posto è intervenuta ieri la polizia che ha cercato di verificare dalle immagini di videosorveglianza cosa fosse successo insieme alla Soprintendenza, ma le telecamere ovviamente non funzionavano, particolare che acuisce ancora di più un certo senso di abbandono.
Restano ignoti, dunque, al momento gli autori di questo gesto da condannare, ma che apre, ancora una volta, una riflessione sulla gestione del patrimonio storico architettonico che ci è stato tramandato. Nell’area ai piedi del Morrone, in particolare, insistono più emergenze architettoniche: oltre all’eremo e al tempio, c’è il Campo 78, l’abbazia di Santo Spirito al Morrone e il sistema acquedottistico a torri costruito dagli allora prigionieri austro-ungarici.
L’idea di un sistema di videosorveglianza non in funzione, nonostante l’area del tempio fosse fruibile liberamente, lascia un po’ l’amaro in bocca. Testimonianze storiche che si consumano nel tempo e nell’incuria dell’uomo, nella pigrizia e nell’abbandono, nel non sapere guardare e apprezzare le cose con il giusto valore. E se ora ad essere danneggiati sono stati la vetrata ed il muro, lasciando fortunatamente intatta la parte interna, ciò dovrebbe bastare a considerare una gestione diversa, sicuramente più controllata, ma anche più impegnata e perchè no anche produttiva. Una valorizzazione in generale.
Simona Pace
Questo è il manifesto del decadimento culturale che imperversa a Sulmona. Si è discusso per settimane di una certa Marini in termini di sconcerto ma si continua a non voler vedere che ci sono almeno due generazioni che non conoscono più e non sono interessati alla storia di Sulmona. Ormai non è solo una questione di educazione personale, siamo entrati nella fase della negazione della propria identità culturale e territoriale, basti pensare al tanto sbandierato bimillenario di Ovidio, tentativi di accaparrare fondi giusto per avere in mano qualche danaro (operazione del resto nemmeno riuscita ad oggi) e non perché dietro c’era un vero interesse culturale. Continuare per questa strada non porterà a nulla di buono se non ad un inesorabile spopolamento. A parer mio.
Sono stato proprio giorni fa, di pomeriggio, all’eremo di Pietro, e al tempio di Ercole Curino.
Non c’era nessuno.
Un’aria di totale abbandono.
Una volta non era così. Si incontravano turisti e curiosi.
A proposito c’è ancora giù nella piana la pista di go-kat?
Io non l’ho vista.
Anni fa ero all’eremo e dalla pianura giungeva il fastidioso rombo dei go-kart. Due turisti, mi guardarono e mi espressero la loro incredulità nel vedere quei luoghi ricchi di suggestioni storico-religiose, dissacrati da quei rumorosi “giocattoli” .
Pietro da Morrone ha avuto la fortuna di morire molti scoli prima, quando il silenzio parlava di Dio.