Alla casa

Sedotta dal fascino del tacco, nella vana speranza di essere all’altezza, ci casco ogni volta: compro le scarpe sempre troppo alte, per poi rischiare di accasciarmi al suolo ogni due passi.
Avanzo tutta tesa, terrorizzata dall’eventualità di poter cadere e fare brutta figura, sto bene attenta a dove metto i piedi e mi concentro sulle caviglie, dato che sono loro che reggono tutto l’ambaradan.
Guardo un po’ qua e un po’ là, cercando di non mancare di salutare nessuno, visto che, in questa città, basta un “Ciao” non detto e subito si diventa snob. Ricchi e snob.
Che scemenza: se fossi ricca, sarei talmente spensierata che saluterei pure gli sconosciuti, magari sventolando, al posto della mano, una mazzetta di banconote.
E, invece, saluto sventolando semplicemente i denti in un allegro sorriso.
Saluto tutte le persone che vedo, conosco e riconosco. Saluto anche chi somiglia a qualcuno che conosco e invece non lo è.
Ricambio il saluto di chiunque mi saluta, anche quello di chi invece ce l’aveva con la persona dietro di me.
Uno sguardo alle vetrine, già maledettamente invernali, uno a quella di un negozio desolatamente chiuso, per controllare nel riflesso se sono in ordine, ed è subito sera.
L’orario, da domenica scorsa, non è più legale, ma solare. Più che orario solare, lo definirei orario lunatico, considerando che alle cinque del pomeriggio è già buio.
La giornata sta per terminare, finalmente si torna a casa, ci si riunisce intorno al tavolo, si parla di ciò che è stato, si controlla quel che è, si sogna su quel che sarà e si calzano le pantofole.

Che bello stare a casa, dove non bisogna salutarsi reciprocamente se ci si incrocia in corridoio e dove si rischia di cadere, solo se si cammina incautamente sul pavimento bagnato di detersivo.
Che bello stare a casa, dove nessuno fa finta di non vederti mentre ti osserva, dove sai sempre cosa indossare e chi ti abbraccia ti fa pure il solletico.
Che bello stare a casa, dove chi ti bacia non lo fa puntandoti le gote contro le guance, perché la bocca la ha impegnata a chiederti come stai, mentre afferma che ti trova in forma e decide che stai benissimo.
A casa, chi ti bacia ti stampa le labbra profumate di Nutella sulla faccia.
A casa, la barzelletta che racconti strappa sempre una risata: perché è tanto divertente, perché è davvero orribile o perché è la quindicesima volta che la dici e non è possibile che tu sia così rimbambita.
A casa, non esistono brutte figure, ma solo aneddoti buffi da raccontare per sempre.
A casa, chi vuole chiederti qualcosa, ti fa una domanda, senza inventarsi la risposta; chi si annoia guarda un film, senza farsene uno mentale; chi si arrabbia sbatte una porta, senza chiuderla a chiave.
A casa, “dottore” non è chi possiede una laurea, ma chi sa dare un bacio sulla bua.
A casa, le cose non hanno prezzo, anche se valgono tanto.
A casa, il potere di acquisto della moneta corrente è maggiore e bastano cinque euro per ottenere la gioia di qualcuno.
Che bello stare a casa.
Stemmc alla casa.

gRaffa
Raffaella Di Girolamo

1 Commento su "Alla casa"

  1. Oh Yessssss!!!

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