Il 14 maggio del 2004, alle ore 18:00, aspettavo ansiosamente di conoscerti. I nostri occhi si erano incrociati un attimo in sala parto, ma non era stato abbastanza. Il cigolio di un carrello vagitante lungo il corridoio dell’ospedale mi annunciò il tuo arrivo e, poco dopo, un’infermiera ti adagiò tra le mie braccia, arrabbiata e affamata, con i capelli neri e la tutina verde pistacchio.
Bastarono tre minuti di poppata per farti cadere in un sonno beato, non più affamata e un po’ meno arrabbiata. Eravamo entrambe appagate: tu dal latte, io da te.
Narra la leggenda che tu fossi brutta, ma la realtà è che eri semplicemente appena nata: la fatica del travaglio e la lunga permanenza nel liquido amniotico avevano alterato i tuoi tratti.
Infatti, dopo pochi giorni, eri già tu, con lo sguardo profondo e la pelle d’avorio di oggi.
Con il passare degli anni, mentre ti amavo, proteggevo e crescevo, mi rendevo conto di quanto fossi diversa da me: delle mie insicurezze in te non c’era traccia. Era chiaro che tu non avresti sprecato neanche un solo giorno a detestarti, cercando di cambiare per piacerti un po’ di più. Sei nata immune da certi complessi, che minano la serenità e deteriorano l’anima.
Quando scrolli le spalle (lo fai spesso), riesco a sentire il rumore che fanno le frecciatine e le amenità che cadono ai tuoi piedi, senza averti minimamente scalfita. La capacità che hai di fregartene delle cose che non ritieni importanti, ti preserverà da tanto inutile dolore, dovrai solo prestare molta attenzione a non compiere errori di valutazione, perché spesso la vita nasconde le cose grandi dietro a quelle piccole e viceversa.
Alla tua giovane età, hai già accantonato quella sciocchezza delle principesse vestite di rosa, eleganti ed educate, che vengono salvate dalle fauci del drago cattivo, grazie al pronto intervento di un principe azzurro. Quando mi passi davanti, elegante, calma, silenziosa e saggia come un gatto, non posso tacere: devo dirti che sei bella, anche se ti dà fastidio, anche se non è l’aggettivo esatto, perché bella è la donna che stai diventando.
Quello che vedo in te, nel tuo sguardo, è esattamente ciò che cercavo quando, giovane e insicura, scrutavo me stessa attraverso gli occhi degli altri, senza mai riuscire a vedermi. Credo si chiami autostima: non è una materia di cui mi intendo molto.
Oggi compi sedici anni, in questo clima strano, fra i divieti e i permessi della fase due, con l’opportunità di incontrare le amiche per caso, ma senza poterle abbracciare, che è un po’ come chiedervi di correre senza sudare o di urlare a bassa voce.
Chissà quante volte, nel corso della vita, ripenserai a questi mesi e ti ricorderai del tuo sedicesimo compleanno, durante la pandemia del corona virus, quando le scuole erano chiuse, le persone mascherate e la dispensa piena di lievito e farina.
Improvvisamente voi ragazzi, abituati a vedere gli adulti affaccendati per farvi crescere felici e sereni, li avete visti fermarsi, chiudere le porta di casa e privarvi della spensieratezza tipica della vostra età.
Vi siete dimostrati più capaci di noi nel fronteggiare una situazione tanto particolare, alla faccia di chi pensava che, a causa dei telefonini, foste isolati in un mondo irreale, egocentrico, vacuo ed esibizionista. I vostri equilibri sono rimasti intatti, i nostri hanno scricchiolato non poco.
Stai diventando grande (non mangi più le unghie), ma non abbastanza (non bevi ancora il caffè).
Per diventare grande davvero, dovrai farti necessariamente un po’ di male e questa cosa mi fa tanta paura, perché vorrei saperti eternamente felice.
Io ti starò sempre accanto (in senso figurato, non temere) a rimproverarti per i modi bruschi che hai, a ricordarti dove poggi gli occhiali, a chiudere le persiane per farti dormire meglio, a regalarti sorrisi che poi ti ruberò, ricordandoti in ogni istante che sei bella, anche se non è l’aggettivo esatto.
Sei esattamente come speravo che fossi quel giorno, quando l’infermiera ti adagiò tra le mie braccia, affamata e arrabbiata e, come due pezzi di un puzzle, per la prima volta incastrammo le nostre diversità.
Buon compleanno Lisa mia.
gRaffa
Raffaella Di Girolamo
Buon Compleanno anche dai nonni Tonino e Graziella
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Auguri Lisa
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