A schiacciar “palle”

Questa mattina , davanti alla tazza del mio caffè fumante, in quegli attimi di limbo in cui non stai più dormendo ma non sei ancora completamente sveglia, scorrendo le notizie sul tablet i miei neuroni vengono immediatamente attirati da una magnifica foto di ragazze in divisa sportiva con pantaloncino blu e top rosso. Tutte giovani e bellissime nei loro corpi da atlete; scopro che si tratta della nazionale austriaca di Beach Handball e che si sono rese protagoniste di una meravigliosa protesta.

Il Beach Handball, cioè la pallamano giocata su fondo sabbioso, è una disciplina che obbliga le donne ad una divisa di gioco caratterizzata dal bikini. Le dodici ragazze austriache si sono rifiutate di giocare con indosso lo scomodo bikini e sono scese in campo con top rosso e pantaloncino blu, divisa, questa molto più simile a quella della corrispettiva squadra maschile. Gli uomini, infatti non hanno l’obbligo di giocare con lo slip del costume ma indossano una normale divisa fatta di maglietta e pantaloncino. Le ragazze sono state multate con una ammenda di 150 euro pro capite per non aver rispettato, durante gli Europei, la divisa imposta dal regolamento.

Chiamare divisa un costume due pezzi è da veri coraggiosi! La domanda che si pone spontanea è : perché per delle atlete (ricordiamo che si stanno giocando il titolo europeo) si è scelta una “divisa” così scomoda? Soltanto perché sono donne e si sa, le donne, soprattutto se giovani e belle, è meglio che non siano troppo coperte perché forse sarebbero meno interessanti e il pubblico sarebbe meno numeroso anche se, forse, più di qualità. Non importa se il bikini limita il movimento, non lascia completamente libere le ragazze di giocare concentrate, sposta l’attenzione dalla qualità del gioco alla sensualità delle parti del corpo scoperte o che si scoprono. E nel 2021 l’approccio è sempre lo stesso : la sessualizzazione a tutti i costi soltanto quanto si tratta di donne. Su questa stessa scia si collocano le polemiche nate intorno alla giovanissima Paola Egonu, portabandiera alle Olimpiadi di Tokyo. Il giornalista Adinolfi ha avviato una mattanza mediatica contro questa meravigliosa atleta che nasce da genitori africani a Cittadella, comune in provincia di Padova, che gioca a pallavolo praticamente da sempre, con una innata predisposizione che a 23 anni le ha permesso di vincere praticamente tutto fino alla convocazione all’Olimpiade. Adinolfi si chiede perché non una atleta bianca e eterosessuale e noi, di contro, ci chiediamo perché non una atleta di colore e omosessuale ma soprattutto perché fa notizia l’orientamento sessuale di un atleta e non le medaglie che ha vinto? Le Olimpiadi sono la celebrazione dello sport, quello migliore al mondo, la bandiera è quella dello sport italiano e l’atleta che orgogliosamente la porta è la pallavolista attualmente più forte del mondo e pur essendo di colore e omosessuale non si sente meno brava, meno italiana e meno libera di qualsiasi altro. Le stesse polemiche non sono state sollevate per Jorginho, calciatore brasiliano naturalizzato italiano che ha egregiamente rappresentato l’Italia nell’ultimo europeo . Eppure Jorginho e la Egonu sono entrambi atleti fuoriclasse per le proprie specialità, entrambi giocano per l’Italia e cantano il nostro inno all’inizio delle competizioni ma Paola Egonu oltre ad essere forte è donna e sessualmente libera e questo non è ancora da tutti accettato e accettabile . Noi invece siamo orgogliose di atlete come Paola Egonu e le campionesse austriache perché mostrano, con le loro scelte, di aver raggiunto la giusta consapevolezza, di aver acquisito il coraggio di difendere il proprio essere donna dalla mera commercializzazione del corpo femminile, di fare della propria sessualità una scelta di vita di cui non vergognarsi, di pretendere di essere trattati come gli atleti maschi partendo dalle stesse opportunità.

Ringraziamo il Comitato Olimpico per aver scelto come portabandiera italiana uno degli atleti migliori per rappresentarci, lasciando che insieme ai cinque cerchi sventoli la bandiera della tolleranza, dell’uguaglianza e dell’accoglienza; ringraziamo i dirigenti della squadra austrica perché hanno accolto il grido di protesta delle dodici atlete lasciando al mondo dello sport una magnifica lezione di pari opportunità.

Gianna Tollis

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