“Alla fine di dicembre del 2018 le imprese artigiane attive erano in Abruzzo 28.986 scese fino a dicembre 2023 a 27.168”. Questo il dato shock contenuto nel report realizzato per la CNA imprenditori d’Italia Abruzzo da Aldo Ronci e presentato questa mattina in conferenza stampa.
Alla presenza oltre allo stesso autore, del presidente e del direttore della confederazione artigiana, Savino Saraceni e Silvio Calice, sono state illustrate le percentuali di quella che la CNA non esita a definire una vera e propria debàcle. Imprese artigiane a picco nella nostra regione che in un quinquennio ha fatto registrare un – 9,12% a fronte del – 3,25% di media nazionale; peggio di noi solo le Marche che nello stesso periodo hanno raggiunto una perdita pari a – 11,56%.
Colpa anche della politica, soprattutto regionale rea, secondo Calice di applicare solo la prima parte, quella burocratica, di “una buona legge” in vigore da anni di cui però continua ad essere ignorata la seconda parte, quella “che contiene norme importanti sulle politiche attive” per uno sviluppo del settore; senza dimenticare “i grandi progetti come il PNRR dove non è previsto nulla a favore dell’artigianato”.
A livello provinciale i dati riflettono situazioni disomogenee, con la caduta più pesante per Pescara che dal 2018 ha visto scomparire 861 imprese artigiane, seguita dalla provincia di Chieti dove a chiudere i battenti sono state 750; e mentre L’Aquila registra il dato di – 560, il Teramano nel quinquennio di riferimento ha perso 557 attività. Un intero settore dove a sorpresa a perdere di più è stato il comparto delle costruzioni con 962 attività in meno pari ad una perdita percentuale di 8,96% , valore quindici volte superiore alla media nazionale di 0,59%. Inferiori le perdite nel settore trasporti, – 304 unità, a fronte delle 895 imprese perse dal settore manifatturiero dove a registrare il dato peggiore è il campo alimentare (- 177), seguito da quello del metallo (-120) e dell’abbigliamento (-106).
“Dati negativi che vengono da ancor prima del 2018 – spiega Saraceni – perché quando un artigiano arriva alla chiusura vuol dire che le ha provate davvero tutte prima di arrendersi” e allora è ancora alla Regione che in materia vanta una competenza esclusiva che la CNA si appella per “invertire questa tendenza”. Una situazione cui hanno contribuito diversi fattori, dalle politiche di accesso al credito ai costi per l’energia, dalle politiche di stimolo all’internazionalizzazione e digitalizzazione a quelle sulla trasmissione di impresa fino alla formazione professionale e per la quale la politica per prima è chiamata ad intervenire. Con “un cambio di passo in fatto di metodo” attuando quella “concertazione con il mondo delle imprese e delle loro associazioni per favorire scelte capaci di aggredire queste tendenze” conclude Saraceni.
Che peccato ! La cattiva politica miete le sue vittime … ma del resto sono quelli che sono stati votati probabilmente dagli stessi che ora chiudono!