Per vedere le cose da un altro punto di vista. Questo il messaggio del film di Matteo Garrone Io, capitano che questa mattina, al cinema Pacifico, ha visto gli studenti delle scuole superiori di Sulmona condividere momenti di forte emozione con l’ispiratore del film Mamadou Kouassi. Ospite dell’associazione sulmonese Ubuntu, Kouassi ha assistito insieme ai ragazzi alla proiezione del film che racconta la sua incredibile storia per poi rispondere alle domande che studenti e docenti hanno voluto rivolgergli. Per capire il significato di un viaggio che dal Senegal in Italia, passando per la Libia, ha permesso a Mamadou di arrivare nel nostro Paese e diventare mediatore interculturale del Movimento migranti e rifugiati di Caserta, città dove vive da 15 anni.
Un viaggio incredibile che le immagini del film, toccanti pur se a tratti violente, non hanno lasciato indifferenti i tanti studenti e docenti presenti in sala. Una storia comune a tanti, molti dei quali “non ce l’hanno fatta” come ricorda Mamadou che durante la traversata del Sahara, abbandonato dalla jeep dei trafficanti e costretto a continuare a piedi, ha visto morire una donna tra le sue braccia perchè incapace di salvarla. “Lasciar morire o morire in due” questo l’inaccettabile dilemma che la tragedia dell’emigrazione pone di fronte a chi sceglie di abbandonare il proprio Paese alla ricerca di un futuro migliore.
Un film che invita a riflettere sull’assenza di alternativa che rende inutile chiedersi perché intraprendere un viaggio dal quale spesso non si torna indietro. “Un viaggio della morte” lo definisce Mamadou, unica possibilità per chi vuole lasciare l’Africa perché “un’alternativa non esiste”.
Ma non solo disperazione nelle parole dell’oggi quarantenne e padre Mamadou Kouassi, quanto soprattutto speranza, quella per un mondo diverso dove il fenomeno delll’immigrazione da problema diventi una risorsa. Parole che suonano come un’utopia ma che forse tale non sono se è vero che a tutti, in qualunque parte del mondo, devono essere riconosciuti gli stessi diritti, compreso quello di sognare. Sognare di realizzare i propri desideri, qualcosa che tanti ragazzi danno per scontato ma che in Africa scontato non è, come pure il diritto di muoversi liberamente in qualunque parte del mondo, anche questo impossibile per i ragazzi del Senegal.
Per vedere riconosciuti questi come gli altri diritti ancora negati in molte parti del mondo, Mamadou ha deciso di mettere se stesso al servizio di una missione, portando il film di Garrone nelle sale dei cinema d’Europa e d’America e parlare alle giovani generazioni, ragazzi e ragazze chiamati a raccogliere la sfida di un futuro interculturale dove ognuno possa diventare “capitano” di un viaggio verso convivenza e integrazione.
Commenta per primo! "Mamadou Kouassi “capitano” a Sulmona: “I viaggi della morte unica strada per lasciare l’Africa”"