E’ uscita dalla prognosi riservata la donna macedone di 34 anni, aggredita ieri a Capestrano dal compagno, Jeton Bislimi, a colpi di coltello. La donna resta ricoverata presso l’ospedale San Salvatore dell’Aquila. L’uomo, invece, è tuttora in terapia intensiva dopo l’assunzione di un gran quantitativo di medicinali con i quali avrebbe provato a togliersi la vita, in seguito al folle gesto nei confronti della donna. Intanto, all’ospedale San Salvatore dell’Aquila i Carabinieri della Compagnia di Sulmona piantonano il 36enne, arrestato con l’accusa di tentato omicidio.
Secondo quanto appreso, sembrerebbe confermato il movente della gelosia che avrebbe innescato l’ira furiosa dell’uomo. Nel recente passato tra i due ci sarebbe stato un litigio che avrebbe così deteriorato il rapporto oramai non più idilliaco. Intanto i figli della coppia sono stati affidati a un familiare, anche lui residente nel territorio comunale di Capestrano.
A seguito dell’aggressione, il Comandante dei Carabinieri della Provincia dell’Aquila, Michele Mirante, ha voluto lanciare un importante appello in merito alla violenza sulle donne. Mirante ha invitato tutte le donne a denunciare, presso le diverse stazioni dislocate sul territorio dell’Aquila, o tramite chiamata al 112, al primo segnale di violenza.
“Le donne possono essere vittime di gravi forme di violenze che si manifestano sotto le diverse forme – spiega Mirante – fisiche, economiche, sessuali, persecutorie e psicologiche. Queste ultime più subdole, difficilmente constatabili rispetto a quelle fisiche, ma in pari misura fonte di sofferenza e conseguente danno, e che talvolta vedono le vittime spesso inconsapevoli rispetto a ciò che sta loro accadendo. La denuncia è in sostanza sempre l’arma vincente”.
Un monito che acquista ancor più valore a una decina di giorni dalla Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, fissata per il 25 novembre. Una ricorrenza vicina al quarto di secolo, istituita nel dicembre del 1999 e celebrata dall’anno successivo. Eppure, dopo quasi cinque lustri, si continua a scrivere e a narrare di aggressioni, violenza e, nel peggiore dei casi, di femminicidi.
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