E’ un’inchiesta diversa, ma parallela a quella già in corso a Sulmona, dove la prima udienza è fissata per il prossimo gennaio. Il sistema lo stesso e in parte anche i protagonisti, in parte condannati, in parte prosciolti e in parte prescritti ieri dal tribunale di Chieti. Associazione a delinquere (accusa caduta nel frattempo) finalizzata alla truffa, quella ai danni delle finanziarie, banche e assicurazioni. Il sistema era quello delle aperture di credito basate su false buste paga, con la prime rate che venivano pagate e le altre no. Il tempo di attivare le riscossioni era però troppo lento rispetto alla velocità con cui le società sparivano. Truffa da 420mila euro, quella scoperta dalla procura di Chieti, che ieri ha condannato, per fatti che vanno dal 2013 al 2015, undici dei quarantuno indagati. Tra loro quattro peligni: Gabriele Arrotino condannato a 2 anni e 6 mesi, Bruno Spinelli a 1 anno e 2 mesi, Elio Di Simone e Nino Verrocchi ad 1 mese e 15 giorni.
False assunzioni, false buste paga, falsi Cud, con cui si accedeva al credito con la cessione del quinto dello stipendio presso aziende che come farfalle duravano il tempo dell’incasso.
Il tribunale di Chieti, oltre ai quattro peligni, due dei quali coinvolti anche nell’altra inchiesta che vede 23 persone rinviate a giudizio e una truffa da circa 700mila euro, ha condannato Giuseppe Petrazzuolo (4 anni di reclusione), Domenico Michelli (1 anno), Massimo Bernardone (1 anno), Silvia Toso (1 anno), Demetrio Di Simone (10 mesi e 15 giorni), Gianluca Minale (10 mesi 15 giorni) e Samuele Bernardoni (1 mese e 15 giorni).
Dall’associazione per delinquere, assolti perché il fatto non sussiste, tutti gli imputati ovvero Domenico Cantoli, Cesare Mariani, Angela Panella, Gabriele Arrotino e Ivano Bernardoni. Quanto alla posizione degli altri imputati il tribunale ha dichiarato non doversi procedere in alcuni casi per difetto di querela, in altri per la prescrizione.
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