“Come il Vento”, la storia di Armida Miserere proiettata al Festival del Cinema di Roma

Al Festival del Cinema di Roma spazio alla proiezione del film “Come il Vento”, di Marco Simon Puccioni, con Valeria Golino, che narra la storia di Armida Miserere, direttrice del carcere di Sulmona morta suicida nel 2003. La pellicola (le cui riprese sono state fatte proprio a Sulmona) sarà in programmazione mercoledì 18 alle ore 10:00, e verrà proiettata in occasione del decimo anniversario dell’uscita del film. Inoltre, sarà l’occasione per omaggiare il premio alla carriera al maestro Shigeru Umebayashi.

Armida (interpretata nel film da Valeria Golino), tra le prime donne a dirigere una struttura carceraria in Italia, cercava di rieducare i detenuti attraverso il teatro e la cultura. Un approccio condiviso anche dal compagno, l’educatore Umberto Mormile (nella pellicola interpretato da Filippo Timi).

Soprannominata “fimmina bestia” dai boss mafiosi del 416 bis dell’Ucciardone di Palermo, Armida Miserere è stata donna dura, intransigente e discussa. Laureata in criminologia, ha iniziato la sua carriera a 28 anni nel carcere di parma negli anni delle stragi, del terrorismo e della P2- Prima l’incarico nel supercarcere di Opera, poi le esperienze a Voghera, Pianosa, l’Ucciardone, Torino, Ascoli Piceno, Spoleto, Lodi, San Vittore e Sulmona.

che incuteva timore ma anche rispetto e che godeva dell’ amicizia di magistrati come Giancarlo Caselli e Alfonso Sabella. Laureata in criminologia, figlia di un militare, abituata a dare valore alla disciplina, Armida ha iniziato la sua carriera a 28 anni nel carcere di Parma. Durante il difficile periodo della mafia, del terrorismo e della P2, Armida Miserere ha ricoperto per 20 anni l’ incarico di direttore in vari carceri di massima sicurezza in Italia: il supercarcere di Opera, quelli di Voghera (carcere di detenzione delle terroriste “irriducibili”), Pianosa (carcere di detenzione dei boss mafiosi a regime 41 bis), l’ Ucciardone a Palermo, e poi i carceri di Torino, Ascoli Piceno, Spoleto, Lodi, San Vittore a Milano e infine Sulmona.

Armida pose fine alla sua vita proprio nella città abruzzese, sparandosi un colpo di pistola alla testa con la sua calibro 9mm, nell’abitazione annessa al penitenziario.

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