Non fa sconti la Corte d’Appello a Hysen Aliko, 53enne originario dell’Albania che nel luglio 2021 tentò di uccidere la moglie, in un agguato premeditato sotto casa. Sedici anni di reclusione, gli stessi già decisi dai giudici del tribunale di Sulmona, lo scorso febbraio, in primo grado. Aliko, quella sera del 28 luglio, voleva punire la moglie quarantenne, premeditando un femminicidio a colpi di fendenti. Lo dimostrano il coltello da caccia in possesso dell’uomo e il macete rinvenuto nell’automobile.
Aliko ha atteso sotto l’abitazione la moglie di ritorno dal matrimonio della cugina. Poi l’aggressione in via Montesanto e le urla nella notte. Tre coltellata, due delle quali raggiunsero gli organi vitali della donna. A fermare la furia dell’uomo è stato il figlio della coppia, che con uno slancio di coraggio ha immobilizzato e disarmato Hysen, rimanendo leggermente ferito.
L’arresto in flagranza di reato da un lato e i soccorsi, per la donna ferita all’addome, dall’altro. Una storia che poteva concludersi in tragedia. Oggi la giustizia, con nessuno sconto di pena nei confronti dell’uomo. La parte civile, rappresentata dall’avvocata Maurizia Sciuba, ha ottenuto la provvisionale di 85.000 euro, di cui 50.000 per la donna e 35.000 (25.000 e 10.000) per i due figli.
La Dea della giustizia ci ricorda che in Italia e in Europa la giustizia è amministrata dallo stato in nome del popolo, che la pena di morte è totalmente abolita, che nessuno può uccidere. Ma in qualche centro della nostra valle pare che si facciano eccezioni con fantomatiche esecuzioni fatte in luoghi chiamati santi solo perché hanno una croce sul portale. Occorre sempre essere vigili e le forze di pubblica sicurezza dovrebbero denunciare usi e costumi di questo tipo degni delle popolazioni più barbare. E’ una vergogna.