La nostalgia verrà a scovarti. Ti farà ragazzino per spiegare che la voglia di quel che non hai più sotto gli occhi non è mancanza. Ma presenza di gente in strada, rumori sordi di scarpe risuolate e miracolose corse. Colori d’appartenenza, suoni di fiati e silenzi di fede. Che per vedere il prodigio bisogna fuggire da dove nasce la magia. Partire per tornare, riguardare le vecchie sequenze con la meraviglia di chi inquadra per la prima volta il ricordo. Lo struggente spettacolo della Passione e Resurrezione sulmonese che ti troverà anche nascosto in culo al mondo.
Si comincia lunedì dopo la festa delle Palme. Con l’identico rito del nonno del papà, sangue dei pronipoti, casate d’un tempo o famiglie allargate di oggi. Con i sorteggi, generazione dopo generazione, da sempre principio della santa settimana. Al tramonto la buona sorte soffia forte su chi sarà protagonista delle processioni. I pizzini dei rossi trinitari con i nomi delle quadriglie e dei tozzi portatori del Tronco vengono mescolati nell’antica cassetta per essere scelti a casaccio. I primi otto reggeranno lo strazio e il peso del Cristo Morto. Altrettanti, poi, l’Addolorata. Come popcorn, uno dietro l’altro, saltano fuori quattro dei cinque mazzieri; la terna della grande Croce e i due capi processionieri. L’urlo lauretano alla fine della riffa biancoverde ci dirà invece chi presterà braccia e gambe alla riccia Mamma per scappare dritta verso il Figlio rubato alle tenebre. Dopo aver già pescato i sacristani del Gesù Risorto, la scorta della Vergine e i tronfi scudieri dello Stendardo.
Tutto appare per incanto, come ogni giorno si alza e scende il sole. Perché noi siamo fatti di Pasqua. Non di altro. Va così che venerdì per i fratelli cremisi della Trinità ci sarà da strusciare sul porfido per almeno quattro ore. Anche più. Il Quadrato di lampioni, quasi uno scudo di legionari, circonda in cammino il gigante di velluto e argento. Due lunghe file parallele di fanali anticipano oltre cento cantori. Tenori e bassi del Coro che intonano il Miserere. Mare di raso andante mosso prima della bara del Nazareno e la statua della Madre con il pugnale nel cuore.
C’è l’altra Signora in nero, prima del trasloco del sabato a san Filippo, che passerà una notte di lutto ancora nella cappella della confraternita di santa Maria di Loreto, scura fuori e verde prato dentro. L’Immacolata sarà accunciata la sera dei Sepolcri con un segreto gioco di prestigio spacciato di padre in figlio. Grovigli di fili e cuciture che allacciano brandelli della stoffa del pianto a quella della gioia. Una sull’altra. Il manto triste cadrà come uno straccio domenica a mezzogiorno. All’altezza del Fontanone. La folla a bocca aperta bloccherà il respiro, fiduciosa però nel passo svelto dei corridori. In piazza lo sanno che la Madonna s’i sceje jessa quei giovanotti.
Dylan Tardioli
Letteratura. Grazie
Parole molto ricercate, che descrivono ( un pò ricordando gli scritti di Erri De Luca..)quello che per i sulmonesi non è solo un rito.
Penna magica…
La Pasqua sulmonese, più unica che rara.
Magica,inimitabile.
Grazie Dylan.
Buona Pasqua a te,al tuo direttore che ci ha visto lungo a volerti come collaboratore,e a tutti i lettori de Il Germe.
Raffaella
complimenti per questo articolo, lo stampero’
Bellissimo articolo!❤️ aspettando la Pasqua, buona settimana santa a tutti!