Export, 2022 anno nero per l’Abruzzo. La crisi dell’automotive trascina giù la regione

Se non c’è l’automotive a trainare l’Abruzzo resta al palo. A dirlo è lo studio condotto da Aldo Ronci, che snocciola i motivi della crisi dell’export abruzzese nel 2022, fortemente condizionata dal settore automobilistico. La regione si classifica terz’ultima in Italia per le esportazioni, con un export che ammonta a i 8.860, con un incremento di appena 182 milioni rispetto al 2021.

In valori percentuali, l’export abruzzese ha registrato un aumento del 2,1%, circa un decimo di quello nazionale del 20%. La crescita lenta delle esportazioni abruzzesi negli ultimi due anni, d’altronde, è confermata dai dati: appena il 7,9%, un settimo della media nazionale (43%) con un spread negativo di ben 35,1 punti percentuali.

A influire, negativamente, il settore dell’automotive per via di diversi fattori: dalla sfida all’elettrico passando per quei Paesi che richiedono mano d’opera meno costosa e, allo stesso tempo, meno qualificata. A ciò si aggiungono la temporanea carenza di prodotti e materie prime da impiegare nella produzione, il ruolo degli stabilimenti abruzzesi nello scenario delle grandi holding internazionali. Ingredienti che messi insieme hanno fatto registrare un decremento di 868 milioni di euro, con la perdita in un anno del 21,7%.

“Lo scorso anno siamo creesciuti troppo lentamente – spiega Aldo Ronci, autore della ricerca ‐ e questa crescita lenta è da imputare alla fortissima flessione dell’export dei mezzi di trasporto, che rappresenta il 19% del valore aggiunto del settore Industriale regionale contro il 5% nazionale. A questo va aggiunto il volume realizzato dai prodotti diversi dai mezzi di trasporto che è troppo esiguo: basti pensare che il suo ammontare, riferito a ogni singola impresa, è pari a 151.864 euro: solo il 32% di quello nazionale che si attesta a 475.235 euro”.

Incrementi importanti sono arrivati dai prodotti del ramo farmaceutico (+237) e chimico (+172). Uno sguardo, infine, al  comparto alimentare. A brillare, in questo caso, è soprattutto il settore della pasta: capace del 44% di incremento, che vale il sesto posto tra le regioni.

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