L’investimento era modesto, ma altamente simbolico: duemila euro per promuovere una Casa parto intraospedaliera all’Annunziata. La maggioranza al Comune di Sulmona ha detto però no, bocciando, nell’ultimo consiglio comunale sul bilancio, l’emendamento proposto da Sbic (Sulmona Bene in Comune) e frutto di un lungo lavoro di condivisione con i ginecologi e gli ostetrici del nosocomio.
“Nonostante gli inviti alle minoranze a collaborare, Casini e i suoi proseguono sulla strada già percorsa, in maniera testarda e fallimentare, dalle amministrazioni Federico e Ranalli – scrive Sbic -. Ci amareggia in particolare la bocciatura dell’emendamento che prevedeva duemila euro per una campagna pubblicitaria e di sensibilizzazione della ‘Casa Parto’. La richiesta è stata respinta con la ‘lungimirante’ argomentazione: dato che non c’è ancora, perché pubblicizzarla?”.
Eppure all’incontro organizzato a fine marzo nei locali della Cgil proprio da Sbic per discutere del progetto, erano presenti e attenti diversi consiglieri di maggioranza (da Andrea Ramunno a Debora D’Amico) che, però, al momento del voto si sono tirati indietro. O forse sono stati tirati indietro. “Forse i consiglieri di maggioranza neanche hanno sentito le motivazioni, hanno votato contro. Come bravi soldatini – continua Sulmona Bene in Comune -. Noi di SBiC siamo allarmati per questa situazione di chiusura, perché si ritorcerà ancora una volta contro la Città. Abbiamo l’impressione che di sanità non si debba parlare. Come se fosse un territorio inviolabile, feudo intoccabile. Nessuno deve azzardarsi ad avanzare un progetto, un’idea. Siamo allarmati perché l’amministrazione comunale è completamente assente. Siamo allarmati perché dopo il declassamento abbiamo visto solo accondiscendenza. Il 2 maggio, per esempio, il responsabile di Ematologia prenderà servizio presso un’altra Asl: che fine farà il reparto? Silenzio”.
Con i tagli annunciati sull’ospedale di Sulmona e la riorganizzazione della sanità, d’altronde, quella della Casa parto sarebbe stata una mossa di anticipo (per una volta) dalla quale la Valle Peligna avrebbe potuto ottenere solo benefici: la struttura sarebbe stata infatti un unicum in Abruzzo e avrebbe portato, se non nei numeri (erano previsti un paio di posti), almeno nell’immagine una nuova ventata.
In linea con il Nord Europa (in Olanda partorisce in casa il 31% delle puerpere a fronte dello 0,1% dell’Italia), la Casa parto si propone infatti di aiutare le donne, con un decorso fisiologico e quindi sicuro della gravidanza, a partorire “in casa”, ovvero seguite dalle ostetriche e con una struttura ospedaliera direttamente collegata agli ambienti che le donne, insieme alle loro famiglie, frequenterebbero a partire dalla trentaduesima settimana di gestazi one. Una sorta di buen retiro particolarmente utile alle donne di un territorio orograficamente così difficile come il Centro Abruzzo.
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