Quel suo modo di vestire e di essere non è piaciuto ai suoi compagni di scuola che lo hanno apostrofato per i corridoi con tutto il repertorio omofobo. Lui, diciotto anni, con la passione per gli abiti da donna e una omosessualità per nulla nascosta, questa volta non si è stato zitto. Una discussione dai toni alti quella che si è scatenata un paio di settimane fa lungo i corridoi del liceo Vico di Sulmona, a cui la dirigenza della scuola non è stata indifferente.
I tre ragazzi (tutti tra i quindici e i sedici anni) che avevano insultato il diciottenne sono stati infatti sospesi per due giorni, ma la storia non è finita qui.
Oggi, infatti, il Collettivo studentesco di Sulmona, con un post sul suo profilo Facebook, se la prende proprio con la preside, accusandola di aver “infierito criticando la sua (del diciottenne, ndr) vita privata e ritenendo il suo modo di essere e di vestire inopportuno”.
Secondo quanto sostiene il Collettivo, e che il ragazzo conferma, la preside avrebbe convocato dopo il fatto lo studente nella sua stanza e con la pagina aperta sul suo profilo Facebook gli avrebbe detto di smetterla “di giocare a fare la femmina, stai diventando un fenomeno da baraccone”. E ancora: “Facciamo il gioco dei ruoli, cosa faresti se avessi un figlio come te?”.
“È inaccettabile che una persona che copre un ruolo così importante abbia svilito un ragazzo della sua scuola, senza preoccuparsi dell’effetto che le sue parole avrebbero potuto avere nell’animo e nella psiche del giovane – scrive il Collettivo -. La scuola, che dovrebbe essere un luogo sereno, dove lo studente dovrebbe sentirsi a proprio agio e accettato, diventa un luogo in cui gli studenti vengono discriminati e giudicati”.
Accuse pesanti che la preside della scuola, Caterina Fantauzzi, respinge nel modo più netto, non senza una delusione profonda tanto per il post del Collettivo “che si occupa di cose molte serie e con scrupolo – spiega – e che avrebbe potuto prima di pubblicare almeno chiedermi spiegazioni”, sia nei confronti del ragazzo “a cui voglio molto bene”.
“Al ragazzo ho detto solo che doveva stare attento nell’esporsi così – spiega la dirigente – che le sue foto su Facebook avrebbero potuto attirare l’attenzione di qualche male intenzionato, che determinati modi di fare e di vestire potrebbero essere fraintesi. Non sono assolutamente omofoba, penso anzi che la diversità sia una ricchezza per l’intera collettività, il mio era solo un consiglio dato ad un ragazzo a cui voglio molto bene”.
A confermare i toni e il contesto di quella chiacchierata, la preside chiama a testimonianza anche un’insegnante che era presente al colloquio: “Sono allibita, i fatti sono completamente diversi da come sono stati raccontati – conclude la Fantauzzi – i rapporti umani con i miei studenti sono sempre stati importanti per me e questa strumentalizzazione mi fa male”.
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