Reddito di cittadinanza: i numeri dell’Abruzzo e la preoccupazione della Cgil

Il discorso di esordio della nuova premier Giorgia Meloni è stato molto indicativo su quella che sarà l’azione politica nei confronti del reddito di cittadinanza, la misura introdotta e voluta dal governo Conte che presto potrebbe essere cancellata o comunque fortemente modificata.

Per questo la Cgil Abruzzo si dice molto preoccupata, anche e soprattutto alla luce dei dati che chiudono il 2022, nella nostra regione, con quasi duemila domande in più e un totale di quasi 62mila persone coperte dal sostegno.

“In un momento storico come l’attuale, dove i venti di guerra fanno sentire i loro echi con bollette sempre più care e nella difficoltà generale di trovare lavoro – scrive il sindacato -, non è quindi immaginabile tagliare una misura che garantisce la sopravvivenza a tanti e tante”.

Complessivamente i nuclei coinvolti sono stati in Abruzzo, quest’anno (fino al 30 settembre), 22.890. Un dato in linea con la crescita che si è registrata a livello nazionale: come lo scorso anno, infatti, le famiglie abruzzesi richiedenti sono l’1,9% del totale nazionale.

In Abruzzo, continua ad essere Pescara la provincia con il maggior numero di richieste (6.652, 827 in più rispetto al 2021), seguita da Chieti (6.315 domande, 819 in più dello scorso anno), L’Aquila con 5.551 domande (+106) ed infine Teramo con 4.552 richieste (172 in più del 2021).

“Numeri che rimandano ad una situazione di disagio sociale, solo parzialmente mitigata da una misura che mediamente vale, per ogni nucleo, 521 euro in Abruzzo” continua la Cgil, il 95% dei quali sono richieste di reddito di cittadinanza e solo il 5% pensioni di cittadinanza.

“È evidente che, ad oggi, così come per gli altri ammortizzatori sociali (NASPI e cassa integrazione straordinaria in primis) – aggiunge il sindacato – a dover essere migliorate sono le politiche attive del lavoro: aiuto e sostegno concreto alla ricerca di un lavoro che consenta un’esistenza dignitosa a chi oggi non ce l’ha”.

Di qui l’invito a puntare sulla formazione, quella vera, e che “non si limitino ad essere un ‘sostegno’ ad enti formativi privati”.

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