Ciao, mi chiamo Raffaella e non sto più su Facebook da cinquantotto giorni.
Per otto anni il social blu è stato più di una semplice applicazione del telefono per me: ha rappresentato un rifugio, una sorta di “Isola che non c’è” in cui mi sono divertita a dismisura. Lì ho conosciuto tante persone e visto tanti posti, viaggiando senza spostarmi e imparando senza studiare.
Ho ballato, ho cantato, ho detto la mia e ho cambiato idea, quando ho capito di essere in errore.
Negli anni sono stata cancellata, bannata, derisa, insultata e copiata. Tutto questo mi ha reso più forte e consapevole di come sia impossibile piacere a tutti, accontentare molti e non sbagliare mai. Consapevole dell’importanza eccessiva che viene data a certi fatti, a certe parole e a certi tasti dello smartphone.
La verità è che la Raffaella di Facebook era la stessa che sta scrivendo in questo momento: la sua follia è un lato del mio carattere, la sua faccia tosta è quella che mi piacerebbe avere davvero, la sua propensione allo scherzo è il mio difetto più grande.
Un giorno ho capito che “L’isola che non c’è” non c’era e tutto ha cominciato a sembrarmi vuoto e finto.
Facebook avrebbe dovuto rappresentare la vita reale, invece trovavo che fosse la vita ad adeguarsi al social, assumendone tutte le caratteristiche peggiori.
Il “Mi piace” come conio corrente: moneta tintinnante gettata nel cappello di chi crede di averne bisogno.
Mi sono resa conto di non avere più voglia di conoscere il colore del costume da bagno del mio idraulico, cosa avesse mangiato la mia farmacista o in quale balera fosse stata a ballare la signora Assunta. Non mi interessava niente, mi annoiava tutto, soprattutto se esposto tramite stralci di canzoni, parole scritte da altri e foto gaudenti tutte uguali.
Preferivo osservare la danza che fanno le piccole rughe sul volto delle persone quando il racconto si fa avvincente, quando si entra nel clou della faccenda e il pathos è autentico, non scaturito da immagini o sottofondi musicali. Quando non si contano le visualizzazioni. Quando non si corre il rischio di essere derubati dei pensieri più intimi.
Sentivo il bisogno di vedere facce vere, non ritratti dai lineamenti sfocati, colori falsati e sorrisi di plastica, che durano il tempo di uno scatto. Lo sapete che un selfie fatto dall’alto e controluce ringiovanisce, sfina e nasconde il doppio mento? Io lo so, haivoja se lo so: me ne sono fatta tanti.
Il fatto è che le persone, anche quelle di maggior spessore, viste attraverso l’immagine su uno schermo, perdono profondità: si appiattiscono.
Dopo otto anni carichi di post, like e tag, mi sono sentita come un leone in gabbia. Come se avessi già visto tutto e messo il “mi piace” a ogni cosa.
Ogni giorno mi sembrava di spiare intimità, liti, sentimenti e vite altrui.
-Ci leggiamo su Facebook?
-No, ci vediamo face to face.
Non mi piace chi sbuffa e critica, così ho deciso di abbandonare, perché probabilmente ero io a non andare più bene per il social e non il contrario.
Dopo un facoltativo backup “perché non si sa mai”, finalmente sono giunta all’opzione:
-ELIMINA IL MIO ACCOUNT
-SÌ, LO VOGLIO.
Da quel momento, non solo mi perdo la vetrina delle vite degli altri, ma non ho più l’immediatezza delle notizie, degli epicentri e degli eventi. Non so più chi sta con chi, che ha fatto la Juve ieri sera, quale bufala va di moda e cosa ha dichiarato il tal politico sulla sua pagina Facebook.
È come se avessi smesso di fumare: riesco a fare le cose senza avere il fiatone, senza la smania di controllare, sospettare e sentirmi chiamata in causa. Senza contare i like.
Riesco a fare la fila alle Poste perdendomi nei miei pensieri o chiacchierando con chi mi è accanto.
Dimentico di fotografarmi e di fotografare: se continua così, avrò la lapide sguarnita quando sarà il momento.
Senza Facebook si viene apprezzati di meno, perché nella vita vera il bel sorriso della foto profilo qualche volta lo perdiamo, le battute ci vengono male e per farsi dire “Mi piaci” serve molto più di una frase buonista o una foto ben riuscita.
Nella vita vera, per esserci bisogna starci, le parole le porta via il vento, non una condivisione e i difetti non si cancellano con Photoshop.
Nella vita vera, per capire com’è una persona, non la si può spiare attraverso ciò che pubblica, ma bisogna avvicinarla, cercare un dialogo e guardarla negli occhi, mentre racconta la sua storia.
Nella vita vera, non si ha il tempo di cercare una citazione intelligente, per argomentare la propria opinione.
Nella vita vera, non conduciamo nessuno show, ma siamo uno fra tanti, clienti da accontentare, pubblico da emozionare, pazienti da curare, persone da rispettare. Persone: non elementi da contattare in blocco, nello stesso istante, con un unico invio.
Nella vita vera, bisogna metterci la faccia, non il Facebook.
Facebook non è la vita vera e non le somiglia per niente. La vita è ciò che abbiamo in assenza di connessione. La vita è il telefono che ci cade in faccia, quando ci addormentiamo nel letto, durante una partita di Candy Crush.
In questo momento, ho bisogno di tenere entrambi i piedi, la testa, il cuore e le mani nella realtà.
Non rinnego niente di quanto fatto, non dimenticherò mai il viaggio che mi ha portato fin qui: il navigatore rotto che, sbagliando, mi ha fatto arrivare esattamente dove avrei voluto essere.
Approfitto di questo post per salutare tutti i miei contatti di Facebook e dire loro che ogni bella notizia, ogni sorriso, ogni risata condivisa rimarrà per sempre nel mio cuore.
Questo è il mio post.
Questa è la mia storia.
La storia di una persona che ha riempito per anni una scatola di cose buffe e colorate, per poterle trovare lì, ogni volta che ne avesse avuto bisogno, quando la vita vera diventava triste e grigia.
Polli cucinati male, canzoni stonate, freddure, foto buffe, ciaoni, galline e mugnai. Quante risate, quanta vita!
Vita vera.
Perché è vero che non si vive solo di barzellette, ma a volte non è necessario che ne valga la pena: DEVE VALERNE LA GIOIA.
gRaffa
Raffaella Di Girolamo
Ottimo ! Un gesto che dovrebbero fare in molti, al fine di riappropriarsi della propria vita.
E’ sempre più evidente che le persone, dopo aver mangiato pesante, invece di prendere un Alka-Seltzer scrivono su Facebook, vomitandoci sopra tutte le loro frustrazioni. Ti stai perdendo davvero poco. Ma c’è ancora chi mi strappa un sorriso o mi fa riflettere e tu eri (SEI) tra questi.
Se te ne vai tu me ne vado anch’io…
Ho 2900 “amici” ma chi di loro leggerò da oggi in poi?
Ritorna
La vita non e’ cio’ che fai su FB ne cio’ che dici. Tutti lo sappiamo ma inconsciamente crediamo che l’essere diversi( forse migliori?) attraverso questo mondo fatto di like e sorrisi finti. Come sempre non e’ il mezzo che e’ da demonizzare o da lasciare ma l’utilizzo consapevole che di esso ne facciamo. Si puo’ diventare dipendenti dai like o semplicemente cercare persone o amici dispersi nei ricordi. Le scelte che facciamo sono sempre soggettive e derivano dal nostro sapere essere e vivere le emozioni. Se poi si e’ se stessi dentro e fuori questo mondo virtuale l’unico problema rimane la dose dell’uno e dell’altro. Io preferisco occhi, discorsi dal vivo e carezze. Gli altri facciano cio’ che vogliono: per il momento ne anno ancora facolta’! A presto gRaffa! 😀
Mi chiedevo perchè non ti “vedessi” più… 🙁