Facciata saponetta

Che quelli di Palazzo Pretorio fossero solo lavori di facciata, nel vero senso della parola, era scontato e ampiamente prevedibile. Tant’è che i puntelli e le impalcature sono stati tolti in due tranches: la prima, il 2 ottobre, a poche ore dalla chiamata alle urne, e annunciata dall’allora assessore ai Lavori Pubblici, Salvatore Zavarella, in pompa magna nel comizio di chiusura al parco fluviale della coalizione “Sulmona Protagonista”. La seconda, invece, completata venerdì 15 ottobre, all’alba del ballottaggio. Sarà un caso, ma due indizi fanno una prova e il fatto che lo stabile potesse essere usato come specchietto per le allodole prima delle elezioni non è escluso.

Palazzo Pretorio, ad oggi, resta inagibile. I lavori, infatti, hanno riguardato solamente l’esterno dell’edificio e non l’interno. Un’opera incompleta, anche perché Palazzo Pretorio era già stato finanziato con i fondi dell’assicurazione con un importo pari a 1,7milioni di euro che poi la Giunta precedente con l’allora assessore Sinibaldi ha deciso di dirottare su Palazzo San Francesco lasciando scoperto il progetto che pure è stato fatto e pagato per la sua messa a norma.

Poi la leggenda (o fake news, fate vobis) sulla provenienza delle somme del progetto, attribuite a Casa Italia, con una pratica aperta nel 2016 dall’allora ministro Graziano Delrio quando all’epoca in Regione vi era Andrea Gerosolimo nella carica di assessore. Infatti i fondi per gli interventi sulla facciata di Palazzo Pretorio provengono da somme residue; così come Palazzo Mazara. Anche perché il progetto Casa Italia prevede lavori su palazzine adibite ad uso residenziale, fattore che Palazzo Pretorio non rispetta poiché non è un edificio residenziale. Infatti l’edificio destinato all’esperimento di Casa Italia sarebbe dovuto essere palazzo Amone in via Quatrario, in quanto costruzione di edilizia residenziale.

Se i problemi sulla realizzazione dell’opera possono comunque essere celati per bene dietro uno dei portoni storici dell’edificio, quelli relativi all’esterno sui lavori fatti rimangono sotto gli occhi di tutti i passanti di Corso Ovidio.

Saltano subito all’occhio gli stucchi in cemento armato all’angolo meridionale della palazzina. Un vero pugno nell’occhio, oltre che uno scivolone stilistico, così come la parte superiore della facciata, con la pietra bianca della Majella dipinta che dà la sensazione di essere finto stucco. Se su quest’ultima possono esserci diverse scuole di pensiero, sulla prima si può certamente dire che la pietra bianca va stuccata con calce idraulica che viene mischiata in modo adatto alla pietra.  Il cemento, infatti, rilascia i sali che creano problemi alla pietra, mentre la calce idraulica li assorbe, mantenendoli nella sua stuccatura. Per concludere, l’alone giallastro sull’intera facciata che potrebbe essere dovuto al deterioramento della pietra, causato dalla solfatazione. Esso avviene quando vi sono emissioni forte di Co2, con croste nere che vanno a depositarsi sulla pietra impedendole di respirare, la quale inizia a trasformarsi in carbonato di calcio (solfata, appunto). A ciò si accompagnano i sotto balconi, completamente anneriti, senza un minimo intervento, senza essere sabbiati. Uno scivolone su una buccia di banana, anzi su una saponetta.

Valerio Di Fonso

4 Commenti su "Facciata saponetta"

  1. La gatta frettolosa…..
    Comunque meglio di come stava !

  2. “(o fake news, fate vobis)” Questo scivolone linguistico non me lo aspettavo. Non sarebbe corretto dire FATE VOS? (o facite vos)

    • È vero l’ imperativo alla seconda persona pluarale del verbo “facio” è “facite” e “vobis” è dativo pluarale di “vos”. Peró “fate vobis” è un’ espressione colloquiale tipica dell’italiano, si usa come modo di dire per rendere espressioni come “fate un po’ voi, a testa vostra”. Quindi, secondo me, più che una caduta linguistica è stato semplicemente usato un modo di dire colloquiale tipico dell’ italiano.

  3. “Saltano subito all’occhio gli stucchi in cemento armato (…)”. La prego sig. Valerio Di Fonso, di cercare e studiare i significati di stucco e cemento armato. L’uso delle parole, da parte di un giornalista, deve essere sempre acquisito e consapevole. Se non si è certi di quello che si scrive, ci si informa. Cosa c’è di più bello di imparare?

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