A proposito di incendi: giovedì scorso ho compiuto gli anni.
Non so di preciso quanti fossero, ma la torta aveva un aspetto inquietante, con tutto quel fuoco che la sovrastava.
A me è parso eccessivo tanto ardito ardere, solo per commemorare il sesto anniversario dei miei quarant’anni e invece l’incendio era tutto per me. Dalla prima all’ultima scintilla. I Canadair sulla testa e le candele sulla torta. Sob.
Eppure c’è ancora qualcuno che mi definisce “ragazza”.
Come se il mio essere una signora-donna-adulta fosse cosa disdicevole. Come se un’apposizione potesse fare opposizione alla realtà delle cose. Io non sono una ragazza. Io e i miei coetanei non siamo dei ragazzi.
Siamo UOMINI E DONNE -senza trono- di mezza età.
I nostri bambini sono diventati ragazzi, i nostri genitori sono diventati anziani e noi stiamo lì in mezzo- nel cammin di nostra vita- tra ciò che siamo stati e ciò che saremo.
No: non sono più una ragazza. Ragazze non si nasce: ci si diventa, ma poi si smette di esserlo.
Io ho smesso di essere ragazza diversi anni fa, quando i telefoni non scattavano fotografie e nei locali si chiedeva la chiave del bagno, non la password del Wi-Fi.
Ho smesso di essere ragazza nel periodo in cui è iniziata la promiscuità vestiaria: bambini in scomodi panni da adulti, buffe copie dei propri genitori e adulti con inadeguati vestiti da ragazzi, tristi copie dei loro stessi figli.
Ed eccoci qui, tutti strizzati, scollati, palestrati, tatuati e griffati a sentirci eternamente giovani e giovanilmente eterni. Sempre pronti a seguire l’ultima moda, a emettere l’ultimo grido e ad accogliere l’ultima tendenza.
Quando ero davvero una ragazza, immaginavo che a quarant’anni sarei stata una signora elegante e raffinata. Avrei indossato tailleur, calzato décolleté e frequentato settimanalmente una parrucchiera.
Quando ero davvero una ragazza, mi affascinava il mondo degli adulti, che trovavo tanto più calmo, organizzato e di poche pretese rispetto a quello di noi giovani scapestrati, con tanta più voglia e tempo per dire, fare, baciare…ma poca esperienza per evitare di dire sciocchezze, fare stupidaggini e baciare a caso.
Quando però ho compiuto i famigerati quarant’anni, la metamorfosi non è avvenuta. Dal bozzolo è uscita una ME STESSA identica, giusto con qualche foruncolo in meno. Stessi pensieri, stesse paure, stessi desideri, stessi vestiti. Nel mio armadio non sono spuntati tailleur.
Giorno dopo giorno, continuo a sprecare dieci preziosi minuti del mio tempo per decidere cosa indossare: la gonna troppo corta o il pantalone eccessivamente largo? La maglia un po’ trasparente o quella con la glitterata scritta idiota? E, con la scusa di non avere mai il vestito adatto, aspetto, tergiverso e rimando.
Come se fosse quello il problema. Come se l’abito facesse il monaco.
Intanto il tempo passa, gli anni si susseguono, le candeline incendiano le torte e noi corriamo e corriamo, giovani e pimpanti, su questo tapiroulant che è la vita.
-Perché corri? Insegui qualcuno o qualcuno ti insegue?
-Precorro i tempi, inseguo le mode e sono inseguito dalle responsabilità!
E quando, finalmente, passeremo direttamente dai jeans strappati alle vestagliette a fiori; dalle maglie di lycra a quelle della salute, sembreremo ugualmente giovani, perché il cuore non invecchia e perché le cose che ci hanno sempre fatto ridere e sorridere le abbiamo tatuate non sulla pelle, ma dentro di noi, dove il tempo è clemente, nessuno corre, niente cede e non si formano rughe.
Dove è da sempre conservato il piccolo germoglio della grande quercia che siamo diventati e che ogni tanto fa capolino, facendoci sembrare ancora una volta, anche solo per un attimo, RAGAZZI.
gRaffa
Raffaella Di Girolamo
Ma quindi, Raffa, mi stai dicendo che anche io, in fondo in fondo, sono ancora un RAGAZZO?
Certo Graziano.
In fondo in fondo.
🙂