Il destino della Nuvola

Massimiliano Fuksas impegnato a disegnare la nuvola sul cristallo della Renault Scenic

Comunemente definita Nuvola il Palazzo dei Congressi all’Eur è figlio del sogno rutelliano di Roma Caput Eventi, ripreso e fortemente voluto dal successore Veltroni Walter che l’ha fatto suo.

Affidato il progetto all’estro dell’esimio collega Massimiliano Fuksas e alle casse di Inail che ha rilevato il debito della proprietaria Eur SpA per quasi tutti i 467 milioni che ci sono voluti per costruirlo, bisogna ammettere che fin dagli esordi la Nuvola non ha mai brillato di buona sorte.

Intanto, il nome. Massimiliano ha puntato dritto su un’idea leggera e poetica, un’iridiscente nuvola sospesa in una enorme teca di cristallo.

Quel sogno di poesia e leggerezza si scontrò però con burocrati e tecnici che non riuscirono a tenerla appesa al soffitto come nel render di concorso e a trovarne un materiale di rivestimento idoneo, così che si dovette scendere a compromessi poggiando il volume su un piedone di acciaio rivestito da un telo in pvc.

Da lì la Nuvola smise di essere tale, prendendo a somigliare, nella sua mesta inadeguatezza, più ad una Quercia (tanto che qualcuno sospettò un omaggio al simbolo del partito che la volle), di cui seguì le sorti.

Ci vollero quasi vent’anni per aprirla al pubblico, lo stesso tempo in cui Londra ha realizzato un’intera city e Dubai sorse dal deserto. Ma questo non fu colpa parrebbe dell’esimio collega, ancora in causa con la ditta costruttrice, ma di come va Roma, che poi è un po’ come va in Italia.

Dopo le forche gaudine di Alemanno, il martirio di Marino e l’evanescenza dell’attuale sindaca Virginia, la Nuvola ha visto la luce già in piena crisi di identità, su cosa fosse diventata e su a cosa potesse servire, forse solo perchè un sogno è di chi lo sogna e spesso non necessariamente di chi lo eredita.

La sorte dell’opera s’era capita già dall’evento inaugurale a lungo rimandato per essere risolto in sordina, con tono dimesso a riporto della sindaca, apparsa come una cenerentola occhioni e orecchie a ventola, da dare in pasto all’alien gigante in tessuto resinato termoteso li sopra.

Se ci fosse stato Walter, tocca dire, dell’inaugurazione se ne sarebbe parlato per decenni, che certo lui non lesinava in queste cose.

Lungo il red carpet illuminato dalla Nuvola sfolgorante la Grande Bellezza Romana sarebbe sfilata a porte socchiuse, su ristrettissima lista di invitati che poi  si sarebbero moltiplicati in restrittissima folla di imbucati in cui sicuramente sarei finito pure io, amico indiretto di uno che spaccia inviti a queste cose.

(momento outing)

Ad uno ad uno al ritmo dei bassi di un dj set di grido la crew del vippismo radical avrebbe salito la scala di acciaio per entrare nella Nuvola mentre la folla di imbucati giù di sotto, ebbra di prosecco a gratis, avrebbe guardato i vip entrare nella pancia della medusa in tensotelo, attendendo il turno della Ferilli che avrebbe salutato dal pianerottolo in grigliato con lo spacco di velluto rosso.

Ma niente di tutto questo è accaduto..

Con il colpo di grazia della pandemia, la crisi d’identità della Nuvola sembrava seguire il destino della nicchia dirigente che con quei sogni si fece bella, salvo scoprirne l’inevitabile indecoroso tramonto.

Finchè il colpo di genio del governatore regionale Zingaretti ne decretò il destino finale rimpinguando le casse vuote di quel contenitore culturale dalle grandi aspettative di lucro:

(Da wikipedia):

“Dal 24 febbraio 2021 il centro congressi ospita un hub, il più grande d’Italia, per la somministrazione del vaccino anti Covid-19. Il centro sarà in grado di accogliere fino a 3.000 persone al giorno”.

Tutto torna. Un Day Hospital Lounge, per eventi sanitari a metà fra una convention di Scientology e un vernissage apericenato a Villa Ada, in cui, elargire Open Day Astra la domenica al posto di Porta Portese, come in un after dei tempi d’oro dove spacciare gli avanzi di vaccino scongelato in bilico di scadenza.

La Nuvola si sgonfia così della sua autorevolezza, mortificandosi a Sert sulla Cristoforo Colombo dove in certi giorni, anche a scelta, ti puoi fare di Astra, Pfizer e Moderna, invece che di pasticche, acidi e coca come nei bagni dei grandi eventi capitolini.

Fatemi qualsiasi cosa, sembrano accettare gli avventori accorsi in massa, basta che torniamo a prima. Un prima che, nella fattispecie, è un ex Nuvola che non ce l’ha fatta, in evidente crisi di identità.

Antonio Pizzola

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