Al fuoco!

La leggenda narra che Maja, la più bella delle pleiadi, per salvare suo figlio Ermes -il gigante- ferito in battaglia, raggiunse le montagne d’Abruzzo, ricche di erbe medicamentose.
La dea però non riuscì nel suo intento, in quanto i monti erano coperti di neve ed Ermes morì.
Sconvolta dal dolore, Maja lo seppellì sul Gran Sasso, dove ancora oggi si riconosce nel profilo della catena montuosa “il gigante che dorme”.
La povera madre, disperata e logorata dalla sofferenza, vagò per i boschi, finché morí sul monte che oggi porta il suo nome: la Majella. La montagna assunse così la forma di una donna accasciata su se stessa, con lo sguardo rivolto verso il mare.
Ancora oggi, quando il vento attraversa boschi e valli, sembra di sentire il lamento della madre in lacrime.

Per fortuna la dea Maja volge lo sguardo al mare e non vede quello che sta accadendo alle sue spalle.

Nell’anno del bimillenario della morte di Ovidio, i luoghi che egli ha amato vengono divorati dalle fiamme e c’è disperato bisogno di “Gelidis undis” che giungano dalle nuvole, dagli aerei o dagli idranti, non importa, purché i roghi si estinguano.
Le nostre montagne stanno bruciando inesorabilmente da ormai nove giorni, albero dopo albero, in una lenta agonia che niente e nessuno sembra riuscire ad alleviare.
Qualcuno ha giocato con il fuoco e col fuoco non si gioca. Il fuoco fa paura e noi ne abbiamo tanta. Le campane suonano, pur non essendo l’ora della Santa Messa e la gente scende in strada, terrorizzata da fratello fuoco, “robusto et forte”. Troppo robusto e troppo forte.
Il fumo ci circonda, ce lo sentiamo in gola, ce lo annusiamo sui vestiti e nelle case. La cenere si deposita sul bucato steso al sole, sulle auto parcheggiate, sulla scena apocalittica che ha preso il posto del nostro bel panorama.
Il suono dei motori dei velivoli, che ci passano sulla testa col pesante carico liquido, infonde speranza: -Siamo qui! Aiutateci! Spegnete l’incendio, spegnete l’Inferno!
Il tam tam di messaggi che corrono sul web per ottenere rinforzi, sostegno, acqua e qualche preghiera, ci fa sentire utili e uniti: siamo abruzzesi, quelli forti e gentili sempre, siamo i buoni, quelli che alla fine vincono.
Le polemiche, soprattutto se sterili e fatte da seduti comodi, le ignoriamo. Ora non c’è tempo per quelle. È tempo di agire e reagire.
Quando scende la sera e anche il sole si dimentica di noi, appare chiara la situazione: il fuoco sta divorando i nostri boschi, è ormai a un passo dai centri abitati.
Perché sorella pioggia non scende? Perché fratello vento non si placa?
Le campane, le preghiere, i volontari, le lacrime di rabbia.
Un volontario è gravemente ferito.
Andrà tutto bene: ora ci pensa l’Erickson.
Il fuoco verrà spento, il lume della ragione acceso.
Di notte, visto dalla valle, l’incendio sembra quasi un paese in festa, che ha allestito le più belle luminarie per onorare il Santo Patrono o per abbuffarsi con una sagra mangereccia.
E invece non c’è nessuna festa e manco niente da festeggiare.
C’è il piano perverso di qualcuno, che attenta alla nostra area e alla nostra aria. Ci siamo noi, ancora una volta uniti nella tragedia, che possiamo fare più di quello che immaginiamo.
Ad esempio trasmettere ai nostri figli l’amore e il rispetto per la montagna e la natura tutta. Facendogliela conoscere, toccare, respirare e raccontando loro delle storie affascinanti, come quella della bellissima dea che, per salvare suo figlio Ermes -il gigante- fuggì dalla Frigia e si rifugiò nei monti d’Abruzzo -quelli che ora bruciano- ricchi di erbe e piante medicamentose.

gRaffa
Raffaella Di Girolamo

6 Commenti su "Al fuoco!"

  1. Adelaide Strizzi | 29 Agosto 2017 at 11:08 | Rispondi

    Questo articolo mi piace davvero tanto. Bravo Patrizio!!!

  2. L’articolo è di Raffaella Di Girolamo, nella sezione blog gRaffa.
    grazie

  3. Dover Scalera | 30 Agosto 2017 at 05:11 | Rispondi

    Bellissimo articolo che restituisce un po’ di poesia alle nostre montagne martoriate e di umanità ad una vicenda che ne mette in dubbio la esistenza

  4. Carissimo Di Girolamo, a parte la valenza poetica dell’articolo, sarei curioso di sapere dove lei ha letto la leggenda di Maia (conla i e non con la y,altrimenti si riferisce al popolo sudamericano i Maya). Senza polemica,per carità di patria, ma io sapevo che Ermes o Mercurio,era sì figlio di Giove e di Maia, ma era un simpatico e snello giovinetto e non un gigante e Giove lo nominò messaggero degli dei,come dire oggi ambasciatore. Maia fu trasformata nelle Pleiadi dal sommo Giove. Il gigante era invece Orione che si era invaghito delle Pleiadi. Ma questa è tutta un’altra storia. Bella la mitologia greca,cui Ovidio attinse a piene mani nelle sue Metamorfosi. Salute.

  5. Buongiorno El Matador (olé!),
    approfitto del suo appunto per ringraziare tutti dei complimenti e lei in particolare, che mi piace molto leggere nei commenti alle notizie de “il Germe”.
    Grazie per le sue specifiche, come sempre precise e interessanti.
    Ho “rubacchiato” il racconto dal sito http://www.terredimaja.it
    Spero mi perdoniate tutti, ma volevo sottolineare il rispetto che dobbiamo a questi giganti, che ci circondano e proteggono, in un modo diverso.

    Raffaella

  6. Come facciamo a non perdonarti? Un abbraccio.

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