“Chiudete le finestre” dice il sindaco di Sulmona: l’aria è irrespirabile. Le analisi dell’Arta dicono che “è stato registrato un innalzamento di concentrazione per tutti gli inquinanti monitorati”.
Non è una grande sorpresa, c’era da aspettarselo. Il fuoco genera fumo e distruzione. Il nodo in gola, però, non è solo a causa dell’aria per la “concentrazione di inquinanti che hanno raggiunto medie orarie significative”, ma anche e soprattutto per questo circo dell’orrore, con il Morrone a saltare nel cerchio di fuoco. Tutt’intorno questa notte, come una corona di spine.
L’approssimazione, la mediocrità, i ritardi, le assenze e le presenze ingombranti, rendono, quelle si, l’aria irrespirabile. Con le passerelle della politica e i silenzi dei vertici del Parco, le promesse di intervento, puntuali e disattese.
Da quattro giorni quattro il cuore del Parco della Majella brucia, senza che l’uomo e la politica siano stati in grado di dare risposte. Perché un pezzo di benzina, su questa brutta vicenda destinata a diventare storia, ce l’ha messa proprio la politica.
Il piano antincendio della Regione Abruzzo, la regione verde d’Europa, semplicemente non esiste: non esistono mezzi dedicati, reti organizzate, personale addestrato.
Come spettatori di un film horror i pur encomiabili soccorritori, volontari e non, stanno ore ed ore a presidiare le case a valle, mentre a poche centinaia di metri il bosco arde.
Non possono intervenire, dicono, perché non sono autorizzati e perché non sanno neanche dove passare: uomini, donne e ragazzi che provengono da tutta la regione, ma che il territorio non lo conoscono. Non conoscono i sentieri, le strade di avvicinamento, le mulattiere e nessuno gli ha neanche fornito una mappa.
Tutti con gli occhi puntati in alto ad aspettare ogni quasi ora, quando va bene, il lancio di un Canadair o lo spruzzo di un elicottero e la sera ad ammirare il cerchio di fuoco che cresce e si espande, che fa quel che vuole.
Così proprio non va, si sono detti i cittadini che già ieri sera si sono organizzati per fare da soli.
Domani torneranno in cima, loro, senza autorizzazioni e senza permessi, a proteggere la loro terra: con pale e picconi, come si fa, si doveva fare sin dall’inizio.
L’appuntamento è alle otto davanti alla chiesa delle Marane: pala, zappa e possibilmente un fuori strada per l’avvicinamento. Ma soprattutto armati d’amore per questa terra, per questa montagna che brucia e che il fuoco divora, insieme all’identità dei suoi abitanti.
Aprite le finestre, c’è l’aria da cambiare.
La mia montagna preferita,che adoravo scalare la ragazza ,non esiste più.Questa notte per me è stata una veglia funebre.Cosa accadrà
Adesso che arriverà la stagione fredda con le piogge?Non ci saranno più i premurosi alberi a proteggerci
Ma come scrive l’autore? Pessimo articolo
Signor Ajeje sono certo che troverà soddisfazioni alla sua elevata cultura letteraria su altre testate. Ne approfitti