
Si scaldano i motori in vista delle prossime elezioni. A poco più di otto mesi dalle urne iniziano il toto-nomi, la girandola delle telefonate, degli apparentamenti, delle false promesse e dei conseguenti litigi. Non è stato dato il tempo al primo di uscire allo scoperto che subito si è scoperchiato il vaso di Pandora con qualcuno che invece aspetta sornione l’evolversi della situazione. Anche in questo turno probabilmente i movimenti civici la faranno da padrone in un’epoca in cui l’ideologia non conta più, anche se è rimasta un segno indelebile nella mentalità di tutti. Quindi per non dare a vedere di aver cambiato casacca è preferibile nascondersi sotto una lista civica come in un piccolo borgo di 500 anime. Liste che come in Parenti serpenti di Monicelli, ambientato per ironia della sorte proprio a Sulmona, compaiono sempre e solo sotto elezioni, come se fosse Natale, per imbandire finti programmi condivisi arrangiati last minute. A questo giro non c’è neanche l’attenuante della consiliatura caduta troppo presto perché nei cinque anni dell’ultimo mandato ci sono stati tempi, modi e soprattutto temi per coinvolgere la società civile.

La politica però è espressione della stessa società che di fronte a tematiche di fondamentale importanza si è dimostrata spesso disinteressata o, peggio, litigiosa. Basti pensare alla questione centro storico. Ognuno, sia i pro che i contro, è fermo sulla propria ideologia più per interessi personali che per una convinta visione sul futuro della città. Probabilmente però anche l’irremovibilità dei più scettici è figlia di una inascoltata richiesta per una seria pianificazione invece che una decontestualizzata chiusura “tanto per”. Dunque meglio non compromettere un importante bacino di voti con scelte che potrebbero dimostrarsi controproducenti. La politica che in queste situazioni dovrebbe fungere da mediatore con indirizzi lungimiranti si è chiamata fuori. Eppure questo sarebbe campo fertile per le minoranze che, accantonando il politicamente corretto, avrebbero potuto prendere le redini di una questione non di poco conto. Qualcuno ci ha anche provato, ma il tentativo, anch’esso privo di un’idea forza di partenza, un po’ per le poche energie, un po’ per il Covid-19, si è arenato finendo nel dimenticatoio. Rimane la desolante constatazione che il civismo non è per questa città dato che i processi partecipativi, strumento fondamentale per coinvolgere la società civile, vengono inesorabilmente confusi con banali questionari.

Partecipare significa coinvolgere attivamente la cittadinanza, considerarne le osservazioni nell’attuazione dei progetti o dei piani. Tutto però deve nascere da una scelta per il bene comune, da un’idea forza che abbia una solida base tecnicamente valida. Da qui muove la costituzione del tavolo partecipato in cui coinvolgere con una serie di incontri ravvicinati i principali stake-holders interessati dal progetto. Ad una prima fase organizzativa che si chiude con l’illustrazione di un documento, di livello quantomeno preliminare, segue la fase operativa. La definizione del quadro esigenziale (target, esigenze e requisiti) serve per ascoltare l’uso e la percezione che si ha della città e quindi aumentare la conoscenza dei fattori che ne determinano la sua configurazione. Il successivo quadro SWOT (Strenghts, Weaknesses, Opportunities, Threats) aiuta invece a stimolare ragionamenti critici in merito agli elementi di forza o debolezza, alle opportunità o ai rischi determinati dal contesto. Sviscerata in maniera quasi analitica la questione si giunge dapprima ad una revisione della proposta iniziale sulla scorta degli elementi emersi dai confronti, quindi si stipulano reciproci impegni comportamentali e di pronta attuazione per una sperimentazione temporanea del progetto urbano. Inizia così la fase valutativa in cui è fondamentale stabilire oggettivi parametri di valutazione per riscontrare se l’utenza coincide con il target desiderato. Esiti negativi suggeriscono una rivisitazione delle misure intraprese; risultati positivi invece permettono di proseguire oltre con impegni di programmazione straordinaria. I processi partecipativi sono però troppo impegnativi quando vincere non è importante, è l’unica cosa che conta.
Valerio Vitucci
Non si comprende ,nelle intenzioni dell’articolo, la differenza tra un piccolo borgo in antica pietra di 500 anime ed un piccolo borgo in antica pietra di 20.000 anime se, sul pianeta esistono Metropoli di 30 milioni di abitanti tutte in ferro cemento.
Le amministrazioni pubbliche, per totale decadenza degli Stati di concezione ottocentesca, sono tutte ;anche guardando i volti di Roma Torino Carsoli Pratola Prezza Sulmona etc;e per geometria dantesca,una raccolta di persone con pregresse difficoltà di competizione esistenziale od altri non enormi problematiche di emarginazione che, aspirano ad ottenere un supplemento di reddito cercando di farsi eleggere in queste istituzioni residuali. Ma è lo stesso livello di impiegati statali o pensionati od altri di scarsa fortuna che si recano continuamente dal tabaccaio per giocarsi il 10&lotto con quella speranza imprenditoriale di incassare un qualche soldo in più di quanti già gli manda tutti i mesi il governo. Ecco le urne le tengono aperte come i banchi del lotto soltanto per tenere a bada questa stessa terribile categoria di persone ,gravate da così sottilissime QUINDI FIGURIAMOCI QUESTE GRANDIOSE ED OSCURE STRATEGIE DI QUESTA IMPORTANTE GENTE CHE SI DEBBONO PRESENTARE ALLE VOTAZIONI DEL COMUNE DI SULMONA…….MA FATECI IL PIACERE
gravate da così sottilissime difficoltà.
Quindi Città del Messico, nuova deli, Calcutta, Rio de Janeiro, etc..tutte città enormi piene di vitalità e gente con un intelletto superiore..di concezione novecentesca con una classe politica eccelsa..chiedo per un mio amico che vive lì nelle favelas,baraccopoli,capanne e nella totale indifferenza e povertà…
Caro Pippo, se non fossero stati completati gli acquedotti e le reti idriche urbane, tutte le sindachesse dei comuni sopra elencati stavano ancora oggi nei fontanili a lavare i panni a mano. Ora viviamo questa dittatura delle lavandaie ,proprio perché gli enti comunali avevano un certo valore ai tempi (ora che se ne e andato anche il povero Valeri) dello sviluppo , quando vi era bisogno di fogne strade , palazzine,nuove urbanizzazioni, servizi, nucleo industriale etc.
Ora la Nazione si è stabilizzata, e c’è tutto a Sulmona come a Roccapia, determinati enti anche servono più, e chi ci va’, è o perché sono vecchietti esaltati con la malattia del comando oppure bisognosi restati un po’ indietro con la povertà e che si presentano perché sanno che ci possono prendere qualche soldo dì quelli che ci girano .Altrimenti il 95% delle persone se la passano complessivamente bene e si disinteressano di questa bassa politica anzi La vita è come un disturbo uno stalking persone che ti chiedono i voti. QUESTA È LA VERITÀ.
Anzi la vedono come un disturbo,uno stalking ,per le persone che ti chiedono insistentemente i voti.
Ben detto fragor. Sulmona è un posto residenziale di piccola borghesia provinciale, agricolo-impiegatizia , e generalmente vogliono vivere tranquilli. Ora tutte queste enormi strategie di vittoria per raccattare i voti di pochi pensionati che il giorno delle elezioni trovano quella occasione per farsi una passeggiata sino alle urne, per la maggioranza della popolazione non sembrano necessarie, perché ,lo stesso come le dispute tra i politici nazionali ,sembrano degli incontri di wrestling dov’è sceneggiano quelle false lotte solo per poi prendere l’ingaggio dal pubblico pagante. La convinzione di tutti è che la differenza tra i partiti politici oltre le etichette ormai, non è molto maggiore di quella al supermercato tra una scatoletta di carne di una marca e quella della marca concorrente quando le apri, perciò che si faccia giustamente una campagna elettorale però in modo civile ,sobrio e pacato, senza schiamazzi giornalistici disturbi od adescamenti della gente che vuole vivere tranquillamente .