Il tempo sospeso, il ritorno a casa della paziente uno

L’appuntamento telefonico era in serata, dopo essere tornata a casa e aver ripreso contatto con le cose e gli ambienti. Perché il ritorno alla realtà deve essere metabolizzato, soprattutto dopo ventitré giorni di “reclusione”. Ma la paziente uno della nuova ondata Covid a Sulmona, non ha resistito neanche un minuto. Mancava poco alle 18 di ieri, così, quando, dopo essere scesa dall’ambulanza che l’ha riportata insieme al cognato dall’ospedale San Salvatore dell’Aquila, alla sua abitazione a Sulmona, ha esordito: “Devo raccontarti tutto e ora, perché ho paura di perdere le sensazioni”.

Cinzia a quarantasei anni si è ritrovata il 6 agosto scorso in un incubo che mai avrebbe pensato di poter vivere: “Sono sempre stata prudente, ho sempre rispettato le misure di prevenzione, non sono andata a cene, né in vacanza – racconta – eppure sono stata contagiata dal virus. Ecco il primo consiglio che vorrei dare a tutti è quello di non sentirsi mai immuni, perché può succedere a tutti”.
Lo dice, Cinzia, con una punta di docile rabbia, pensando “a quella caccia alle streghe che c’è stata all’inizio – continua – gente che telefonava non per chiedermi come stavo, ma per sapere come e se avevo potuto contagiare altri. Una cosa molto triste, davvero. Dall’altra però c’è stata anche tanta gente che mi è stata vicina, che mi ha chiamato e mandato messaggi: sono queste le occasioni della vita per selezionare le persone che ti stanno intorno, capire chi ti vuole bene davvero. Tra questi c’è senza dubbio la mia famiglia: siamo stati molto uniti sin dall’inizio, nonostante diversi componenti del nostro nucleo siano risultati positivi non ci siamo mai persi d’animo”.


La paura, spiega Cinzia, non era legata al virus in sé, ma alla perdita del senso del tempo: “Ho fermato il calendario, non ho mai guardato l’orologio: avevo paura di vedere le ore e i giorni che passavano, perché era un ricovero senza tempo, che non sapevo quanto sarebbe durato e dove mi avrebbe portato. Poi c’è stato il malessere fisico, la febbre, la debolezza, la polmonite – continua – e quello psicologico, con l’impossibilità di affacciarsi al balcone: sola dentro una stanza, sola davanti allo scorrere del tempo. Non potevamo neanche aprire la finestra e uscire, perché la camera era a pressione negativa e avremmo compromesso la salubrità dei locali”.
Una solitudine alleviata da chi la curava: “Il reparto di malattie infettive dell’Aquila è straordinario: il personale non ci abbandonava mai, ci controllava fisicamente e telefonicamente. Davvero persone straordinarie e piene di umanità. E poi mi ha aiutato la fede – si commuove Cinzia – sono molto credente e ho pregato tanto perché Dio mi aiutasse, mi desse la forza di rimanere chiusa tra quelle mura”.


Un’esperienza che cambia nel profondo, che riorganizza agli occhi l’ordine delle cose e ridisegna le priorità: “Ti fermi e ti chiedi se vale la pena correre così freneticamente come facciamo e facevo tutti i giorni – spiega – ora sono molto calma, guardo le cose con meno ansia. Sento uno scorrere diverso”.
Lo dice Cinzia mentre da diversi minuti è al telefono senza muoversi dalla mattonella: “E’ un grande senso di smarrimento quello che provo ora – tornando alle ore 18 e alle sensazioni da non perdere – devo riappropriarmi delle distanze, delle grandezze, delle geometrie degli spazi. Qui, ora, nella mia camera, è tutto così grande e sento l’amore e il calore che mi sono mancati durante la malattia”.
A piccoli passi, così, Cinzia si riavvia sul percorso della sua vita: ora l’attendono dieci giorni di isolamento, poi un altro tampone di verifica e “spero prima possibile il ritorno a lavoro”.
La vita ricomincia, dopo il tempo sospeso.

4 Commenti su "Il tempo sospeso, il ritorno a casa della paziente uno"

  1. Auguri e Bentornata a casa

  2. Augurissimi davvero. Che ricominci presto la normalità.

  3. Auguri vivissimi. Bentornata!

  4. Ben tornata a casa Cinzia. La tua testimonianza è importante per noi tutti. Ringrazio il Signore perché ti ha sostenuta durante questo periodo.

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