L’illuminazione a Sulmona è storia vecchia ed emozionante. Leggere, per credere, il paragrafo “Le Prime Luci del libro Sulmona – Lungo le strade – Fuori e dentro le case” di Giuseppe Di Tommaso (EMMETRE snc, Sulmona 2002) da cui prendere spunto per qualche riflessione. I riverberi, così si chiamavano le prime luci, erano alimentati ad olio e ad inizio del 1800 in Città se ne contavano solo tre. Pian piano questi aumentarono illuminando tutti i rioni finché non si decise di sostituirli con nuovi a petrolio perché quelli a gas sarebbero stati troppo costosi e difficili da installare. Ogni sera Minghe ditte Nire girava per le strade della città con la sua fiaschetta ad accendere tutti i riverberi che hanno lasciato segni ancora visibili su alcuni cantonali del centro storico. All’imbrunire diventavano un luogo, accoglievano la gente a farvi comunella e raccontarsi storie. Il 10 Giugno 1899 a Sulmona arrivò l’elettricità e tutti l’accolsero festosi, tutti tranne uno, Minghe ditte Nire. Quella sera si accesero i primi lampioni, alcuni in Piazza Maggiore, altri per il Corso ed altri ancora nella Piazzetta dell’Annunziata.
Proprio quei lampioni dell’Annunziata sono l’emblema del rinnovamento dell’illuminazione pubblica apportata poco tempo fa. Chissà se chi ha deciso per la “momentanea” sostituzione di quelle lanterne ha mai letto questo libro. Viva il loro restauro, ma quanto tempo ci vuole? Restano pur sempre 16 lanterne in ghisa e vetro. L’intervento rientra in un più ampio piano di riqualificazione del centro storico in cui si prevede l’efficientamento dell’illuminazione pubblica sostituendo le lampade al sodio con nuove a led. È stato scelto un nuovo materiale dalle mille potenzialità, una luce bianca fredda che, sebbene non ne abbia le sembianze, è un materiale notturno che può esaltare o meno il contesto in cui è inserita. L’effetto ottenuto è lampante: il Corso, illuminato a giorno, è completamente appiattito nascondendo la plasticità di cornici, balconi, paraste e modanature varie; gli edifici sono stati tutti sbassati con una zona d’ombra che nasconde il coronamento dei cornicioni e in alcuni casi anche gli ultimi piani dei palazzi; infine il complesso dell’Annunziata è diventato inguardabile, non perché sia brutto, ma perché si viene abbagliati dalle nuove luci. La principale linea di visione è ostacolata dall’intensità luminosa delle nuove lampade che si frappongono tra l’osservatore, il passante, e l’oggetto, la facciata. È questa la giusta illuminazione per un centro storico il cui valore è stato sancito da un vincolo paesaggistico?
Qualche consigliere, pur di difendere quell’intervento, l’ha definito “un trionfo del Barocco Leccese”. Ecco, appunto, Lecce sarebbe un bel riferimento a cui guardare. Esemplari sono Porta Napoli, ce l’hanno anche loro, che subito rende l’idea di cosa ci sia dietro; la Basilica di Santa Croce, che un po’ come l’Annunziata arretra dal filo della strada per farsi osservare meglio; oppure Piazza Duomo, uno spazio buio al centro per dar risalto al gioco di ombre che l’illuminazione crea sulle facciate barocche. Corso Ovidio potrebbe essere questo, una narrazione, un’esperienza fatta di gradienti luminosi differenti. Una penombra diffusa permetterebbe di far emergere le piazze e i monumenti, un po’ come già avviene per l’Acquedotto Medievale. Le chiese e i palazzi diventerebbero degli episodi luminosi che catturano l’attenzione ed invitano a fermarsi, osservarli e godere della loro bellezza. Sarebbe un segnale per cominciare a riaccendere qualche luce dove ormai troppe se ne spengono.
Valerio Vitucci
La verità è questa 😔.
Povera città che va allo sfascio , divisa sgretolata sequestrata da una manica di cialtroni , vigili urbani che vincono concorsi con prove in inglese e la sera prima non sapevano nemmeno tradurre hello, un tribunale vergognoso che fa sparire e riapparire fascicoli come Usini, ragazzini perseguitati per poche canne , e milionari del settore invece tranquilli ingiro impuniti , gare inesistenti ricorrendo sempre all affidamento diretto con la scusa dell urgenza RICORDATE TRA UN PO’ SI VOTA , capisco la tentazione di un posto all arpa o al cogesa per un figlio disoccupato ma impariamo che così uccidiamo una città ostaggio di cialtroni.
Si definirono il nuovo che avanza…. oggi possiamo dire erano cialtroni rimangono cialtroni e noi abbiamo subito la loro cialtroneria.