Le abbiamo chieste ripetutamente all’assessore ai Lavori Pubblici Salvatore Zavarella, secondo il quale trattandosi di “prescrizioni tecniche specifiche, non sono utili” si presume ai giornalisti. Eppure basta dare un’occhiata al documento (che alla fine abbiamo ottenuto per altre vie e che vi proponiamo in allegato in coda all’articolo) che è stato recapitato mercoledì scorso al protocollo del Comune e relativo ai lavori di messa in sicurezza del liceo classico Ovidio di piazza XX settembre, perché anche un profano, come sono i giornalisti, possa comprendere che quella della scuola di piazza XX settembre è una storia tutt’altro che conclusa. Zavarella è convinto che già il prossimo 29 giugno, quando si incontrerà con la soprintendenza, la vicenda sarà chiusa e i lavori potranno partire a breve.
L’assessore deve essere uno straordinario ottimista, però, perché leggendo il parere dato dalla soprintendenza la corsa verso la restituzione alla città della scuola è lunga, lunghissima, e piena di ostacoli.
Tanto per cominciare le prescrizioni fatte non sono “una decina” come detto dall’assessore, ma sessantasette e, cosa ancora più rilevante, sono precedute da una serie di premesse pesantissime, che minano alla base il progetto, tanto da ritenere plausibile l’appunto fatto dal segretario del Pd Franco Casciani, sulla probabile necessità di doverlo rifare da capo.
Secondo la soprintendenza, infatti, “non è possibile addivenire ad una revisione della progettazione in grado di integrare la tutela e conservazione del bene con l’esigenza di miglioramento del comportamento sismico dell’edificio”. Rivela, poi, la soprintendenza, che “la progettazione risulta poco attenta alle problematiche di un edificio di interesse culturale” in particolare per la totale assenza di valutazione sugli “apparati decorativi esterni e interni dell’edificio, perché manca completamente l’analisi degli apparati pittorici” così come le previsioni di restauro per le quali si sarebbe dovuto ricorrere ad un professionista restauratore. Manca, poi, “l’analisi storica sulla sequenza costruttiva, un’indagine documentale e non viene neanche accennato il rapporto tra eventi sismici pregressi e possibili trasformazioni ante e post sisma”. Poi il passaggio più importante: “Si specifica che la predeterminazione del valore più alto (di vulnerabilità sismica, ndr) che comporti un’evidente manomissione delle caratteristiche storiche dell’edificio – sottolinea, anche graficamente, la soprintendenza – sia materiche che geometriche, determina la indifferibile scelta della delocalizzazione delle attività eventualmente previste”. Insomma lì una scuola non potrà starci.
Quindi le sessantasette prescrizioni, alcune relative all’incompatibilità delle procedura tecnica e del relativo elenco dei prezzi, altre, più sostanziali, sull’uso del materiale, le tecniche di intervento, la conservazione dei pavimenti, il piano di restauro, il consolidamento strutturale, la necessità di un attento e scrupoloso monitoraggio da parte della soprintendenza, prima durante e dopo i lavori.
Insomma un progetto più da riscrivere che da adattare alle prescrizioni, con la possibilità, tutt’altro che remota, che se anche i lavori dovessero iniziare non termineranno certo nel giro di qualche mese. Dopo undici anni di chiusura, il pericolo è di aprire un altro cantiere infinito, che quando e se sarà restituito, non è neanche così certo, proprio no, che potrà ospitare di nuovo gli studenti.
Ma per quella data, si presume, non sarà più un problema di Zavarella o della Casini, ma della città, degli studenti del classico e del cuore “malato” del centro storico.
La domanda è un’altra: quanti anni ci son voluti per redigere le 67 prescrizioni e, sostanzialmente, dire no a sistemazione antisismica per non rovinare le pitture ed altri aspetti architettonici dell’attuale edificio? Quale è l’alternativa?
demoliamolo e facciamo prima………..
tantp prima che lo riparano crolla da solo…