C’è stato un tempo, un lunghissimo tempo, in cui pensavo che la vita fosse il dietro le quinte di uno spettacolo sold out mandato in replica acclamata giorno dopo giorno, mille e mille volte. Bene, brava, bis!
C’è stato un tempo, un lungo tempo, in cui studiavo la mia parte a memoria e indossavo con naturalezza scomodi abiti di scena: ceroni compatti spatolati sul volto che, soffocandomi, mi conferivano un aspetto vispo e vivace; make-up sapienti che rendevano il mio sguardo sicuro; lustrini scintillanti che mi scorticavano la pelle; bellissime scarpe che premevano sui calli; cinture che mi affusolavano, stringendo fino a togliermi il fiato.
“Si va in scena!” esclamavo entusiasta ogni mattina, chiudendomi la porta di casa alle spalle e salutando il postino, la vicina di casa, il giornalaio, le amiche al bar.
-Gentile pubblico, benvenuti a una nuova ed eccitante puntata del vostro programma preferito: “LE COSE COME LE VOLETE VOI”.
C’è stato un tempo, un tempo troppo lungo, in cui un mancato saluto mi toglieva il sonno, una risposta sgarbata mi faceva piangere, un ” NO” mi si tatuava sul cuore, uno sguardo tracotante mi faceva prostrare.
C’è stato un tempo, non molto lungo invero, in cui anelavo il consenso della platea, speravo nel beneplacito dello sponsor e avrei fatto di tutto per farmi dire che andavo bene, che ero brava, all’altezza della rappresentazione. Me ne stavo lì, stretta nei vestiti, scomoda nelle scarpe e aspettavo consensi. Le invocazioni al BIS.
Però a casa mi lavavo il volto, indossavo una comoda tuta e facevo i conti della massaia: entrate e uscite. Ero decisamente in perdita. Cui prodest?
C’è stato un tempo, che mi ha segnato e insegnato tanto, in cui ho creduto che ciò che ero andava nascosto, coperto da una maschera teatrale che riusciva a emozionare senza emozionarsi, a far ridere senza divertirsi, a piacere senza piacersi.
C’è stato un tempo, per fortuna breve, in cui ho pensato di essere superflua, come uno dei mille lustrini su un vestito di scena; di poter cadere a terra, sulle tavole del palcoscenico, scomparendo in una fessura del parquet senza che nessuno se ne accorgesse e sentisse la mia mancanza. L’oblio.
-RAFFAELLA CHI?
Infine c’è un tempo, quello in cui vivo, in cui suppongo di non valere nulla e di non volere nulla. Nulla di quello che il pubblico pagante si aspetta da me.
-Oggi non reciterò per voi. Nessun trucco, nessuna pietruzza luccicante e urticante, niente finale scontato. Il maggiordomo inaspettatamente innocente e il copione fatto in mille pezzi.
SUSPENSE! Cosa accadrà ora?
Il pubblico non conta, non può influenzare, applaudire o contestare. Il pubblico è l’attore principale e io lo guardo annoiata. Gli spettatori non ci sono, lo spettacolo è finito.
Spegnete quel faro puntato su di me, volgete altrove gli sguardi e abbassate quegli indici indicanti. Ognuno se ne torni a casa sua, si lavi la faccia e indossi una tuta comoda.
Come Quando Fuori Piove.
e si sta dietro la finestra, con un caffè caldo in mano, i piedi asciutti e i pensieri persi fra le cose della vita.
Cuori Quadri Fiori Picche.
gRaffa
Raffaella Di Girolamo
Uno spettacolo!!!!!!!!bravissima