Misure anti Covid, i sindaci disobbediscono al prefetto

“La nostra ordinanza è inefficace? Non credo”, così la sindaca di Sulmona Annamaria Casini annuncia su Facebook di non avere alcuna intenzione di modificare e ritirare l’ordinanza restrittiva emessa per evitare il contagio da Covid 19. E con lei gli altri sindaci del territorio, o almeno quelli che l’ordinanza l’hanno pubblicata: da quello di Pratola Peligna, Antonella Di Nino, a quello di Prezza, che è anche consigliere regionale, Marianna Scoccia che orgogliosa afferma di voler “andare avanti”, arrivassero anche i carabinieri.
Di fatto i sindaci disobbediscono alle raccomandazione del prefetto Cinzia Torraco che ieri aveva scritto ai sindaci di “armonizzare il contenuto di eventuali provvedimenti contingibili e urgenti ai dettami normativi”, quelli ministeriali insomma.
In altre parole, come specificato poi in un comunicato stampa della stessa prefettura, di togliere la restrizione, tutta locale, che vieta alle persone di uscire di casa per attività motorie, quando il ministero, invece, pone solo il limite della “prossimità” alle proprie abitazioni e salvo il rispetto delle distanze di sicurezza.


Dietro alla vicenda si cela anche un piccolo giallo: l’ordinanza, dicono i sindaci, era stata concordata con la prefettura dalla sindaca-consigliera regionale Marianna Scoccia, un via libera, però, che era verbale e che è stato smentito nei fatti dalla posizione poi assunta dal prefetto.
Lo scontro istituzionale è senza precedenti e rischia di minare i rapporti all’intero delle stesse istituzioni in un momento delicato come questo, con i cittadini che, poi, sono le vere vittime di questa confusione generalizzata: oggi in Valle Peligna, o almeno nei Comuni che hanno adottato l’ordinanza, non è chiaro quale normativa si debba rispettare, con l’imbarazzo delle forze dell’ordine che sono chiamate poi al controllo.


In punta di diritto, dopo le perplessità espresse dalla consigliera comunale Elisabetta Bianchi in una video intervista (guarda qui) rilasciata al Germe, c’è d’altra anche l’interpretazione della sindaca di Pratola Antonella Di Nino (anche lei avvocato): “In realtà le materie non sono contrastanti, per questo riteniamo che le ordinanze restino efficaci – spiega la Di Nino – quelle del governo sono misure di pubblica sicurezza, mentre le nostre ordinanze sono state emanate per la salvaguardia della salute pubblica, di cui i sindaci sono massima autorità”.
C’è, però, l’articolo 35 del decreto legge del 2 marzo scorso che dice tutt’altro: “Non possono essere adottate e, ove adottate sono inefficaci – si legge nel testo di legge -, le ordinanze sindacali contingibili e urgenti dirette a fronteggiare l’emergenza predetta in contrasto con le misure statali”.
A prescindere dalle vesti dell’autorità che emana il provvedimento, c’è da dire, che il contrasto tra le norme locali e quelle statali attualmente esiste. Con una domanda finale: i cittadini della Valle Peligna possono uscire intorno a casa per sgranchirsi le gambe?

7 Commenti su "Misure anti Covid, i sindaci disobbediscono al prefetto"

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  2. Visto che mi sono stancato di stampare moduli di autocertificazione che cambiano ogni 3 giorni, io resto a casa 😁

  3. A me delle ordinananze giuste o non giuste mi interessa poco. Io per sicurezza rimango a casa… Gli altri che facessero come gli sembra più opportuno. Chi è causa dei suoi mali… Che pianga se stesso.

  4. Ma i nuovi vigili urbani per vincere il concorso non avevano superato una prova in inglese ma siamo sicuri E SINDACA BASTAAAAAAAAAAAA A CASA

  5. Personalmente non vedo tutto questo problema delle ordinanze sindacali e sono per la dura applicazione delle indicazioni.
    Vorrei anche capire quali sono questi sindaci della Valle Peligna che hanno emesso tale ordinanza, mi sembra solo Pratola Peligna e Sulmona, no Prezza citato indirettamente in causa nel servizio, ma sono onesto, non sono andato oltre nella ricerca vista la non facile fruibilità dei siti comunali.
    Si concorderà che le motivazioni che hanno spinto i sindaci ad emettere tali ordinanze è dovuta al comportamento negligente dei cittadini nel rispettare le indicazioni date loro dagli organi centrali (Governo e Ministero della Salute) per la “tutela” della loro salute ed è nei poteri del sindaco l’emettere ulteriori restrizioni che ne rafforzino il fine. Si è tanto criticato la scelta di invocare l’aiuto da parte dell’Esercito (effettivamente esagerata), che ora anche un’ordinanza non va bene per alcuni cittadini nei termini esposti. Si sta facendo tanto baccano sulla maggiore restrizione della libertà personale rispetto, ma non ci si chiede il perché non si sia rispettato minimamente il già dovuto… ancor più intesa come valida profilassi da applicarsi in una zona che fortunatamente non è stata toccata dal virus!!! Il problema della vicenda e qui parliamo ora del valore legislativo dell’ordinanza è il non aver prestato la dovuta attenzione nell’uso dei termini, utilizzandone di troppo restrittivi, ma meglio sarebbe dire vaghi, ed infatti l’utilizzo del termine “DIVIETO DELLE ATTIVITA MOTORIE” ne ha inficiato la validità, per quanto si voglia e tenti da parte dei sindaci di disconoscerne l’errore. Si deve e doveva prestare maggiore attenzione nel comporla, utilizzando termini che non dessero adito ad interpretazioni come “INDIVIDUALMENTE” e una distanza massima dalla propria abitazione ( che non a mio parere vago “ in prossimità” ) e nel rispetto della distanza minima di 1 metro da altro individuo e non vi sarebbero stati cavilli, nessuno per certo anche a fine politico 😉. In questo periodo vi sono tante di queste ordinanze di sindaci e governatori, anche maggiormente restrittive e sono tutte operative.
    Cito come ultimo fatto, l’affermare che vi era un assenso “verbale” del prefetto, ma ci si rende conto di quel che si dice? Non era meglio tacerlo?

    Soluzione: ritirare le ordinanze emesse e farne nuove corrette se si vuole, non vi è altra percorribile strada, almeno che non si voglia (e così pare nel leggere il servizio) continuarne ad utilizzarle nel torto marcio con poi le conseguenze amministrative a venire, nonché la nuova se non ennesima pubblica berlina!

  6. e anche penali se dovessero essere utilizzate contra lege. Comunque, a prescindere se è meglio o se peggio essere più restrittivi il succo è una questione: il prefetto è rappresentante territoriale del Governo e non è ammissibile una tale arroganza da parte dei sindaci.

  7. Modesto medicus | 25 Marzo 2020 at 11:15 | Rispondi

    Come ricostruito dal quotidiano ” Corriere della Sera”, un’importante novità riguarderà LE REGIONI perché, in base a quanto si legge nella versione ancora provvisoria dell’articolo 3 del nuovo decreto, i presidenti di regione possono “introdurre o sospendere l’applicazione di una o più misure” firmando ordinanze valide per sette giorni, “in relazione a specifiche situazioni di aggravamento, ovvero di attenuazione del rischio sanitario”. Già questo enunciato scagionerebbe i sindaci da quanto predisposto ed ha acceso la fantasia di tanti Azzeccagarbugli contro i sindaci. Secondo, rammento a chi mi dava del delirante ritenendomi affetto da Delirium Cerebri, che già io in tempi iniziali della epidemia italica, avevo auspicato la responsabilizzazione dei governatori di regione, a prendere provvedimenti in accordo con il potere centrale. Ora ,con la martinicchia, ci sono arrivati anche loro. Poteri del delirio, che ti fa vedere altre la siepe e non ad un palmo dal naso. Eppure il naso di quello della pochette, ha una bella estensione.

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