L’amante per “corrispondenza” lo porta in tribunale, assolto

Voleva una compagna e l’aveva trovata per “corrispondenza”, ovvero tramite un’amica comune. Da un giorno all’altro, nel marzo 2014, aveva così accolto in casa una donna ucraina che non conosceva una parola d’italiano, ma che, senza neanche conoscersi, aveva accettato di dividere con lui un letto, un tetto, mangiare e bere, soprattutto bere. Sì perché l’amore a “occhi chiusi” ben presto si era rivelato non proprio un affare e dopo quindici giorni di convivenza Carlo Carrozza aveva dovuto chiamare la polizia per cacciare di casa quella donna, trovata ubriaca in casa.
Di tutta risposta lei lo aveva denunciato, raccontando alla polizia di essere stata chiamata dall’uomo, sessantottenne di Sulmona, per una proposta di lavoro, ovvero come badante per accudire la figlia, a 600 euro al mese, soldi che non le erano stati poi dati. La giovane amante, però, era soprattutto senza permesso di soggiorno e senza neanche un visto turistico, cosa che aveva detto di avere.
Per questo Carlo Carrozza era finito davanti al giudice per aver cioè dato lavoro ad un extracomunitario senza permesso di soggiorno e oggi è stato assolto dal giudice del tribunale di Sulmona perché il fatto non sussiste: nessuna prova, cioè, che quella donna si fosse trasferita per lavoro, anziché per “amore”.
L’uomo, difeso dall’avvocato Alberto Paolini, aveva spiegato subito agli inquirenti che la sua compagna sapeva benissimo in cosa consistesse la sua “missione” e gli aveva assicurato di avere i documenti in regola: dopo il visto turistico ottenuto tramite un’agenzia di viaggi polacca, gli aveva detto, avrebbe regolarizzato la sua presenza in Italia una volta sistematasi. Il visto però non c’era e neanche l’amore necessario a sistemarsi.

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