Si era rimangiato tutto, la denuncia di minacce, l’usura, l’estorsione e forse anche per quella testimonianza il suo presunto aguzzino era stato assolto. Oggi però è stato lui a pagare: due anni di reclusione, infatti, è la pena che il giudice del tribunale di Sulmona, Francesca Pinacchio, ha comminato a Cristian Di Cioccio, quarantaduenne di Sulmona.
L’accusa era quella di falsa testimonianza: una serie di non so, non ricordo e non è vero, che Di Cioccio aveva pronunciato durante l’udienza per usura ed estorsione a carico Roberto Di Rocco nel giugno del 2016, processo che faceva seguito a fatti risalenti al 2009.
Di Cioccio, che si era trasferito in nord Italia per sfuggire alle presunte richieste di denaro, aveva prima sporto denuncia e poi in udienza aveva ritrattato, dicendo di non aver letto il contenuto del verbale che constava di cinquanta pagine.
La denuncia per usura era riferita ad un prestito che era lievitato da 10mila a 30mila euro nel giro di pochissimo tempo.
Sul suo telefono gli inquirenti avevano trovato i messaggi e le minacce, dirette e per terza persona, fino a quella nella quale lo avvisavano che gli avrebbero tagliato la testa.
Così dopo aver negato tutto in tribunale, il giudice aveva rimesso le carte in procura per procedere per il reato di falsa testimonianza.
“Il mio cliente era stato evidentemente intimorito durante quell’udienza e come avevano riferito alcuni testi anche prima – spiega Roberta Polce, il suo avvocato – tanto più che il suo presunto estorsero era in aula quella mattina. Ricorreremo in appello, cercando di far capire ai giudici il contesto nel quale ha ritrattato le sue accuse”.
Cornuto e mazziato. W l’Italia
Ricapitoliamo: un reato accertato nel 2009 arriva a processo nel 2016, la vittima pesantemente minacciata di morte “…lo avvisavano che gli avrebbero tagliato la testa”, per paura della sia incolumità e credo familiare non ricorda e ritratta tutto. Le minacce, però, sono accertate attraverso perizia del suo cellulare.
L’usuraio violento e violentemente minaccioso viene assolto e la vittima condannata per falsa testimonianza.
Se ne deduce che anche il cellulare ha ritrattato i messaggi intimidatori di minacce di morte certa (taglio della testa). Allora questo chiaramente si deve classificare come l’ennesimo episodio di intolleranza e razzismo…sempre contro i soliti noti.
Ormai il tribunale di Sulmona e un posto di odierna ingiustizia e malaffare va chiuso con un urgenza priorita su qualsiasi altra cosa