A sottovalutare quel dolore al petto che aveva da due giorni erano stati sia il suo datore di lavoro, sia, soprattutto, il medico del 118 che lo visitò concludendo che non era necessario un ricovero. E invece a Marco Polidori, cinquantunenne pasticciere, un periodo di riposo e soprattutto il controllo medico e il ricovero, gli avrebbero probabilmente salvato la vita. E invece l’uomo morì di infarto tre giorni dopo la visita del 118, il 26 agosto di due anni fa, nell’hotel di Civitella Alfedena nel quale lavorava in nero e nel quale, nonostante il malore, aveva continuato a lavorare.
Ieri, così, il giudice per le udienze preliminari del tribunale di Sulmona, ha rinviato a giudizio sia il proprietario dell’hotel, Giovanni Beniamino, sia il medico, Anna Maddalena Di Carlo, che “violando le linee guida e buone pratiche assistenziali note a qualsiasi professionista di media preparazione a cui venga richiesta la propria opera a seguito di dolore toracico – scrive l’accusa – in presenza di sintomi indicativi di un’origine cardiaca del dolore toracico, ometteva di disporre un’indagine tempestiva ed accurata per prevenire una evoluzione infausta della sintomatologia. Accertamenti tutti da compiere in sede di osservazione ospedaliera di pronto soccorso”.
I due sono imputati di omicidio colposo e dovranno comparire davanti ai giudici del tribunale di Sulmona il prossimo 5 maggio.
I fatti risalgono al 23 agosto del 2017 quando dopo due giorni di dolori Polidori, che lavorava in nero dal 10 agosto nella struttura, venne visitato dal medico del 118. L’uomo continuò dopo le “rassicurazioni” del medico a lavorare, venendo sottoposto ad uno stress, secondo la procura, al quale non doveva essere sottoposto e soprattutto, sempre secondo l’accusa, al quale non poteva sottrarsi in virtù dell’assenza di tutele lavorative dettate dalla mancanza di un contratto di lavoro. Pur di continuare a lavorare, senza il “paracadute” della malattia, insomma, Polidori continuò a restare nelle cucine dell’hotel fino alla fine, in vista della scadenza, il giorno dopo la sua morte (il 27), del periodo lavorativo.
“Il datore di lavoro – spiegano i suoi avvocati Aldo e Gaetana Di Ianni – va a giudizio convinto oggi più di prima della propria estraneità al reato che gli viene imputato, ed aspetta con estrema tranquillità il dibattimento nel quale proverà in pieno la propria innocenza”.
Io mi sono sempre chiesto per quale motivo i medici del pronto soccorso e del 188, si prendono certe gatte a pelare. Chi glielo fa fare a rimandare a casa gente che si presenta al pronto soccorso, con sintomi che nascondono patologie non ben identificabili sul posto, tipo mal di testa, febbre, dolori addominali o precordiali etc. Rimandarli a casa è una grossa responsabilità e spesso lo si deve constare a proprie spese, a che cosa si va incontro.Lo stesso dicasi per il 118 che è di per sé un sevizio di emergenza e va da sé che se qualcuno ti chiama,trattasi di emergenza, come dire qualcosa di grave. L’ecgramma che si fa, al di fuori del dolore,non ci dice nulla. E’ la storia del dolore che ci deve guidare. Un dolore precordiale anginoso è raccontato dal paziente con molta preoccupazione. E così capita che lasciato a sé il paziente la prenda alla leggera e poi succede l’irreparabile ,con successiva denuncia per colpa grave,”imperizia,imprudenza,negligenza”(errore diagnostico). Allora un consiglio ai medici del PS e del 118. Attenti a non fare ricoveri, a cuor leggero e voi del 118, una volta chiamati sul posto, prendete tutti. Onde evitare poi processi che non finiscono mai e traumatici per la professione. Ma poi, quel pasticciere non aveva un medico di base? Di solito è lui che dovrebbe chiamare il 118.
Ecco,il medico del 118 che ha commesso una imprudenza(?) è nominato in nome e cognome, mentre il medico che ha salvato l’attore Tirabassi, non merita nessuna menzione da parte vostra,de il Germe. Anche Tirabassi ha ringraziato in modo del tutto impersonale,il medico.”Ringrazio il medico del 118 che mi ha salvato la vita”, ha detto. Ha detto “il medico”, uno, nessuno, centomila. Forse per rispetto della privacy? Invece se il medico è imputato magari per qualcosa che deve essere ancora giudicata, compare in tutta la sua evidenza in “nomine et cognomime”.