Il tribunale del Riesame ha deciso la scorsa settimana per la sua “scarcerazione”, ovvero per la concessione degli arresti domiciliari, ma Daniela Marinilli, la trentacinquenne di Sulmona arrestata su ordinanza di custodia cautelare nell’ambito dell’operazione “Droga in garage”, resta in carcere a Chieti.
Ad impedire alla donna di potersi trasferire nella casa, ovvero un bed and breakfast di Cocullo, dove risiede la sorella, è sostanzialmente l’indisponibilità del braccialetto elettronico che il giudice ha preteso per la concessione della misura meno afflittiva. Uno strumento cioè che delimita le aree oltre le quali la persona sottoposta alla misura cautelare non può andare.
La società che dovrebbe fornire lo strumento di controllo, infatti, non è ancora in grado di consegnarlo al tribunale e il risultato è che la Marinilli non può uscire dalla sua cella a Chieti.
L’avvocato della donna, Alberto Paolini, ha annunciato che domani stesso presenterà una formale richiesta perché venga rispettato il diritto a tornare libera, o quanto meno ad uscire dal carcere, della sua assistita, perché nei fatti, con l’emissione del provvedimento del Riesame, si sta ledendo l’interesse dell’indagata.
Non è la prima volta che un indagato non può accedere ai domiciliari per l’indisponibilità del braccialetto elettronico: una vicenda simile era infatti accaduta sempre a Sulmona quando venne arrestato Serafino Di Lorenzo. Anche in quell’occasione, dopo le rimostranze dell’avvocato (sempre Paolini), l’uomo ottenne la concessione degli arresti domiciliari “normali”, in attesa cioè che il braccialetto venisse fornito alle autorità competenti.
Sembra la riedizione di “Tempi Moderni” di Charlot. Gli uomini succubi delle macchine.Un detenuto è un essere umano sempre e comunque e deve essere considerato in relazione al suo status.In questo caso vi è una carenza di autostima del Magistrato poiché sta mantenendo in carcere una persona che proprio per suo parere umanitario dovrebbe invece essere altrove,come se superiore superiore capacità di modicare o non inapplicare la sua determinazione fosse riposta in un macchinario tecnico.
Sembra la riedizione di “Tempi Moderni” di Charlot. Gli uomini succubi delle macchine.Un detenuto è un essere umano sempre e comunque e deve essere considerato in relazione al suo status.In questo caso vi è una carenza di autostima del Magistrato poiché sta mantenendo in carcere una persona che proprio per suo parere umanitario meriterebbe invece essere altrove,come se superiore superiore capacità di modificare o non applicare la sua determinazione fosse riposta in un macchinario tecnico.