Non ci sono abbastanza soldi e la polvere sotto al tappeto si mette solo per metà. Se non fosse nero su bianco, ci sarebbe da credere in una fake news e invece è tutto vero, verissimo: con una determina dirigenziale, infatti, il Comune di Sulmona ha deciso di intervenire per la bonifica di palazzo Mazara, invasa da carcasse e guano di piccioni, per quanto può e non per quanto dovrebbe.
Una scelta obbligata da una sentenza del giudice del tribunale di Sulmona che il 30 agosto scorso ha condannato il Comune a ripulire l’edificio che in parte è di sua proprietà e in parte di un privato, l’avvocato Vincenzo Colaiacovo, che ha dovuto far ricorso ai giudici per poter tornare ad aprire le finestre di casa senza ammalarsi. La pena, ha stabilito il giudice, è che per ogni giorno di ritardo oltre i quindici giorni di tempo concessi, il Comune dovrà pagare 50 euro di penale, che fino ad oggi fanno circa 750 euro di risarcimento.
Poca cosa, si dirà, ma non così poca se è vero, come scritto sulla determina, che finora la bonifica non è stata possibile per mancanza di soldi. Non milioni, ma qualche migliaio di euro. Dal provvedimento comunale, infatti, si scopre che la bonifica di palazzo Mazara (che vale solo la pena ricordare è o meglio era sede proprio del Comune) era stata già richiesta a giugno scorso e che qualche giorno dopo il dirigente aveva avvertito che non era possibile procedere perchè in cassa c’erano solo poco più di 3mila euro, a fronte di un preventivo, chiesto alla Pavind, di 6mila euro.
Così, dopo la notifica della sentenza, il Comune ha deciso di intervenire, affidando alla stessa Pavind (società del fratello dell’assessore) con incarico diretto e senza ricorrere al Mepa (perché sotto i 5mila euro) il compito di bonificare al prezzo di 3.167,67 euro solo 100 metri quadrati, anzichè i 240 metri quadrati del preventivo. E insomma questo c’ho, ha detto il Comune con il cappello in mano.
“In nessuna relazione di diritto privato, come è quella per la quale il Comune deve rispondere in forza della decisione del tribunale – avverte l’avvocato Colaiacovo -, può essere fonte di regolamentazione delle condotte la disponibilità di risorse di una parte. La fonte resta il potere giurisdizionale, al quale le parti debbono conformare le proprie condotte e, quindi, nel caso concreto, il Comune deve formare le risorse, secondo i normali criteri dell’amministrazione dei beni, soprattutto se la assenza di manutenzione ha provocato per la terza volta l’intervento del giudice e più ancora soprattutto se la evacuazione del Palazzo Mazara”. Anche perchè i 100 metri quadrati, spiega il coinquilino del Comune “costituiscono poco più della cinquantesima parte della superficie attualmente infestata da guano e da carcasse di animali morti, in costante integrazione di nuove unità e, quindi, in rinnovato processo di putrefazione”.
E’ facile, insomma, che l’intervento svuotafondo non servirà a mallevare il Comune dalle responsabilità risarcitorie. Un altro mesetto e la multa sarà più salata della bonifica.
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